Pagina 955 - Il Punto Su...Le Dita! _ok3

Versione HTML di base

L’art. 24 della legge 183/2010 ridefinisce criteri e modalità per la concessione
dei benefici.
In base al
previgente
dettato normativo, infatti, avevano diritto a fruire dei
benefici in argomento i lavoratori dipendenti, coniuge, parenti e affini di
persona in situazione di disabilità grave entro il
terzo grado.
Il
nuovo disposto normativo
prevede, invece, il diritto a godere dei
permessi ex lege 104/92 in favore dei lavoratori dipendenti e, oltre al coniuge,
fa riferimento ai parenti o affini del disabile medesimo
entro il secondo
grado
(a titolo esemplificativo sono parenti di primo grado: genitori, figli;
sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti in quanto figli dei
figli; sono affini di primo grado: suocero/a, nuora, genero; sono affini di
secondo grado: cognati).
Il diritto può essere esteso ai
parenti e agli affini di terzo grado
(a titolo
esemplificativo sono parenti di terzo grado: zii, nipoti in quanto figli di
fratelli/sorelle, bisnonni, pronipoti in linea retta; sono affini di terzo grado zii
acquisiti, nipoti acquisiti) della persona con disabilità in situazione di gravità
soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità
grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi
affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il legislatore ha
infatti ritenuto oltremodo onerosa, se non impossibile, l’attività assistenziale
svolta dai familiari in età avanzata o affetti da patologia invalidante. Ai fini di
una corretta individuazione dei requisiti soggettivi previsti dalla normativa per
la fruizione dei benefici in argomento, si è ritenuto opportuno allegare i testi
degli articoli 74 e 78 del codice civile (all. 3) che recano la definizione dei
rapporti di parentela ed affinità.
La normativa novellata prevede, quindi, la possibilità di passare dal secondo al
terzo grado di parentela, oltre che nel caso di decesso del coniuge o dei
genitori del disabile, anche qualora questi siano “mancanti”. Al riguardo, si
chiarisce che l’espressione
“mancanti”
deve essere intesa non solo come
situazione di
assenza
naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale
non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa
giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità