28. Una riforma organica del sistema della previdenza complementare fa realizzata con il decreto
legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, che all'art. 14 disciplinò la materia della portabilità e
riscattabilità dettando regole specifiche per la portabilità occasionata e per la portabilità volontaria.
29. Nell'ipotesi di portabilità occasionata è previsto "il trasferimento ad altra forma pensionistica
complementare alla quale il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività" (secondo comma, lett
a). Gli statuti possono stabilire le "modalità di esercizio" di tale diritto alla "portabilità delle
posizioni individuali e della contribuzione" (primo comma), ma non possono comprimerlo. Il sesto
comma disciplina la portabilità volontaria, sancendo che gli statuti devono consentire all'aderente di
esercitare la 'facoltà5 di "trasferire l'intera posizione individuale maturata ad altra forma
pensionistica" alla sola condizione che siano decorsi due anni dalla data di adesione al fondo. La
norma specifica che gli statuti devono prevedere tale facoltà “esplicitamente”, che "non possono
contenere clausole che risultino, anche in fatto, limitative del suddetto diritto alla portabilità
dell'intera posizione individuale" e che non possono prevedere “costi” che disincentivino la
portabilità. Il comma successivo prevede esenzioni fiscali per garantire la portabilità.
30. La giurisprudenza, anche di legittimità, si è divisa nella interpretazione di queste normative. Il
punto di dissenso è l'applicabilità delle previsione dettata dall'art. 10 d. lgs. 124/93 ai fondi a
ripartizione, o a capitalizzazione collettiva, ed a prestazione definita (si trattava di casi in cui la
normativa applicabile era ancora quella del 1992-93).
31. Alcune sentenze, occupandosi a volte di richieste di riscatto, altre di richieste di trasferimento da
un Fondo ad un altro, hanno negato tali diritti quando il fondo di provenienza sia un fondo a
ripartizione a prestazioni definite. Cass. 10 ottobre 2007, n. 21234 negò il diritto al riscatto di un
lavoratore che non aveva maturato il diritto alla pensione ed aveva lasciato il fondo a motivo della
rideterminazione della disciplina delle prestazioni ai sensi del comma 7 dell'art. 18 d.lgs. 124 del
1993, ritenendo che la previsione dell'art. 10 d.lgs. 124 del 1993 valesse solo nei confronti dei fondi
a capitalizzazione e riguardasse la cessazione del rapporto lavorativo. Cass. 27 febbraio 2008, n.
5094 affermò che i fondi a ripartizione sono caratterizzati dalla suddivisione dei contributi raccolti
sotto forma di prestazioni previdenziali e senza formazione di riserve finanziarie, sicché
dall'immediata applicazione di disposizioni che alterino la determinazione delle prestazioni
previdenziali possono derivare squilibri finanziari della gestione; in ragione della modalità di
funzionamento dei fondi a ripartizione, e proprio per evitare l'anzidetto pericolo, secondo questa
decisione la disciplina contrattuale può stabilire la non immediata applicabilità di nuove
disposizioni che incidano sulle prestazioni del fondo. Con due sentenze gemelle del 6 marzo 2008,
nn. 6042 e 6043, la Corte affermò ancora che, nell'ambito dei fondi a ripartizione preesistenti al 15
novembre 1992, il trasferimento della posizione individuale dell'iscritto che abbia cessato dal
servizio senza aver maturato il diritto a pensione non è disciplinato dall'art. 10, comma 3-bis, del
d.lgs., bensì dalle norme fissate dalle parti costituenti ed entro i limiti previsti dal d.lgs. 5 dicembre
2005, n. 252. Cass. 23 febbraio 2010, n. 4369 ha affermato che l'art. 10, lett. c), del d.lgs. 21 aprile
1993, n. 124 non trova applicazione in riferimento a forme di previdenza integrativa basate su un
sistema a ripartizione, non essendo nelle stesse configurabili posizioni individuali soggette a
capitalizzazione, e non essendo detta disposizione inclusa tra quelle per le quali l'art. 18 del d.lgs.
cit. prevede precisi termini di adeguamento nei confronti dei fondi preesistenti, ai quali è pertanto
demandato il compito di riorganizzarsi secondo il principio della capitalizzazione anche attraverso
adeguamenti statutari, tenendo conto delle proprie caratteristiche strutturali. Cass. 30 luglio 2013, n.
18266, richiamando i medesimi principi ha concluso nel senso che la lettura dell'art. 10 cit., induce
a ritenere che i suoi vari commi contengono disposizioni dettate espressamente per i "nuovi" fondi
pensione, obbligatoriamente informati al principio della capitalizzazione individuale.
32.Le fattispecie esaminate in queste sentenze sono notevolmente diverse tra loro e rispetto alla
situazione oggetto della presente controversia, indubbiamente però la tesi di fondo che
contraddistingue queste decisioni è l'inapplicabilità della previsione dell'art. 10 ai fondi a
ripartizione ed a prestazioni definite, al cui interno non sarebbe enucleabile una posizione
individuale del singolo iscritto. L'art. 10 sarebbe compatibile soltanto con la strutturazione dei fondi