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Con la recente Sentenza n. 2298 del 3 febbraio scorso la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato alcune problematiche - procedurali e
sostanziali - legate alla legittimità dei licenziamenti collettivi.
La pronuncia prende spunto dall’impugnazione del licenziamento subito da un Dipendente coinvolto in una procedura di licenziamento
collettivo. Il Lavoratore, con il ricorso in Cassazione, ha contestato la legittimità del licenziamento deciso dall’Azienda, per carenza di
trasparenza nei criteri selettivi utilizzati per individuare i Lavoratori da licenziare. La Corte d’Appello nel precedente grado di giudizio si
era, invece, espressa in favore della regolarità dei licenziamenti operati dall’Azienda.
La Suprema Corte, nel pronunciarsi invece circa la fondatezza del ricorso, afferma che l'art. 4 comma 9 della legge 223/1991
(norme in
materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al
lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro),
applicabile al caso di specie
ratione temporis
, determina la procedura
corretta che il Datore di lavoro deve porre in essere in caso di licenziamenti collettivi.
In particolare, la norma contempla che
“contestualmente alla comunicazione dei recessi, il Datore di lavoro deve comunicare per
iscritto l'elenco dei Lavoratori licenziati (recante l'analitica descrizione della posizione soggettiva di ognuno e le modalità con cui
sono applicati i criteri di scelta) all'Ufficio Regionale del Lavoro, alla Commissione Regionale per l'impiego e alle Organizzazioni
Sindacali che hanno ricevuto la comunicazione di apertura della procedura di mobilità e hanno partecipato all'incontro per l'esame
congiunto”
.
Dall'esame dei documenti prodotti in corso di contenzioso, tuttavia, risultano non essere stati rispettati i parametri sopra evidenziati.
L'indicazione dei criteri di scelta deve, infatti, essere puntuale al fine di consentire sia alle Organizzazioni Sindacali che ai singoli
Lavoratori interessati di verificare “agevolmente” le procedure poste in essere, proprio nell'ottica di tutelare le “parti deboli” del
rapporto di lavoro.
La sentenza impugnata è stata, dunque, cassata con rinvio per un nuovo esame da parte della Corte d’Appello, in diversa composizione.
L’esame dovrà essere eseguito, in ogni caso, tenendo conto del principio di diritto enunciato nella Sentenza in questione.