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La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 9945 dell’8 maggio 2014, ha sancito l’obbligo di
risarcimento dei danni patiti dai familiari di un Dipendente di una nota Azienda di telecomunicazioni, deceduto per
un infarto causato dall’eccessivo stress lavorativo. Per effetto di tale pronunciamento, la moglie e la figlia
minorenne dell’uomo riceveranno complessivamente un risarcimento di 850 mila euro.
E’ importante rilevare che era stata la stessa Azienda a proporre il ricorso in Cassazione avverso la sentenza della
Corte d’Appello che aveva ribaltato la decisione del Giudice di primo grado che si era, invece, pronunciato a favore
dell’Impresa.
Nella fattispecie in esame, il Dipendente gestiva direttamente
“svariati e complessi progetti, senza affiancamento di
collaboratori”
e questo eccessivo carico di lavoro aveva causato l’infarto, per come accertato da una
perizia tecnica
in
base alla quale l’arresto cardiaco subito dall’uomo
“è correlabile, in via concausale, con indice di probabilità di alto
grado, alle trascorse vicende lavorative”
.
L’Azienda di telecomunicazioni si era difesa addossando, invece, alle attitudini e all’emotività del proprio Dipendente
l’eccessivo carico di stress dallo stesso accumulato.
Nelle motivazioni contenute nella Sentenza in questione, i Giudici della Suprema Corte hanno, quindi, ritenuto
esclusivamente responsabile della corretta gestione dei carichi lavorativi il Datore di lavoro, partendo dalla presunzione
che l’Azienda deve sempre essere al corrente delle
“modalità attraverso le quali ciascun Dipendente svolge il proprio
lavoro, in quanto espressione ed attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore con le proprie
direttive e disposizioni interne”
.
In buona sostanza, i Giudici di Cassazione hanno sancito il principio secondo il quale il Datore di Lavoro è
obbligato ad organizzare il lavoro prevenendo i rischi per la salute e la sicurezza - inclusi quelli da stress lavoro-
correlato - dei propri Dipendenti.