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limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli
affini di terzo grado conviventi (ai quali peraltro è consentito fruire dei permessi
ex
art.
33, comma 3, della legge n. 104 del 1992).
5.– Il Presidente del Consiglio dei Ministri non è intervenuto in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di
Reggio Calabria, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente
ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità,
debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», ovvero, solo in via
subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire
del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti
idonei a prendersi cura della persona» in situazione di disabilità grave, debitamente
accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della
Costituzione.
Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata si porrebbe in
contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa come
predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le cure e l’assistenza più
opportuna; con l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri
inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che
consentano l’esercizio dei medesimi; con l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta
anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono
tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, l’assistenza
prestata da parenti e affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure la sua più
piena e duratura integrazione in ambito familiare. A parere del giudice
a quo
, in virtù di
una lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost., la famiglia costituirebbe un ambito
privilegiato di assistenza del disabile, anche alla luce del combinato disposto degli artt.
29 e 118, quarto comma, Cost. in base al quale andrebbe valorizzata la famiglia intesa
come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e
l’assistenza sociale». La norma in questione contrasterebbe anche con gli artt. 4 e 35
Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire a quest’ultimo cure ed
assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero