Pagina 659 - Il Punto Su...Le Dita! _ok3

Versione HTML di base

della giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. S.U. n. 13045/97)
- dall'esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta
dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel
ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente)
esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili
d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre non
rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso
giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato
diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere,
dalle parti.
In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto - consentito al
giudice di legittimità (
dall'art. 360 c.p.c.
, n. 5) - non equivale alla revisione
del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice
del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero
una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova
formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e
risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall'ordinamento al
giudice di legittimità.
Nel giudizio di cassazione, quindi, anche sotto il profilo della mancanza,
insufficienza o contraddittorietà della motivazione il riesame nel merito è
inammissibile (Cass. 9 maggio 1991 n. 5196).
Costituisce, del resto, insegnamento consolidato di questa Corte che il
giudice del merito non è tenuto ad analizzare singolarmente le deposizioni
dei testimoni, essendo sufficiente che la decisione sia fondata sugli elementi
che egli reputi pertinenti ed attendibili. La valutazione delle risultanze delle
prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie
risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito,
il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che
ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione
degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass.
17 luglio 2001 n. 9662, 3 marzo 2000 n. 2404).
Nel caso in esame, la Corte d'appello, investita da analoghe censure relative
alla decisione di primo grado, dopo avere proceduto alla ricostruzione dei
fatti operata dal primo Giudice, ha esaminato il materiale probatorio
acquisito, tenendo conto delle valutazioni operate nell'atto di appello
proposto dalla società, ed ha concluso, con valutazione insindacabile in
questa sede di legittimità, con la costatazione della "mancanza di prove dei
fatti alla base della contestazione". Ritiene, pertanto, il Collegio che,
attraverso la denuncia di vizi della motivazione, la ricorrente ha finito col
proporre una diversa interpretazione di fatti di causa, inammissibile in
questa sede di legittimità.
Analoghe considerazioni valgono in relazione al secondo licenziamento del
Pagina 5 di 7
FulShow
16/10/2012
http://bd46.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?KEY=46SE0001188555PRNT&FTC=950...