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paternità perseguita dal
d.lgs. n. 151 del 2001
- ove è contemplata, oggi, la relativa disposizione
(art. 42, comma 5) -, ma si inscriverebbe nel più ampio disegno di tutela della salute psico-fisica del
disabile prefigurato dalla legge 8 marzo del 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità
e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle
città), ove detta previsione era, in origine, collocata (art. 4, comma 4-bis), accanto a quella relativa
al congedo non retribuito (art. 4, comma 2), quest'ultimo spettante anche al coniuge del disabile.
Tale previsione si collocherebbe, anzi, secondo il rimettente, nel contesto della normativa a tutela
dei disabili e, più specificatamente, della legge n. 104 del 1992, la quale avrebbe "come finalità la
garanzia del pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e autonomia della persona
handicappata, la promozione della piena integrazione del disabile nella famiglia, nella scuola, nel
lavoro e nella società", predisponendo in suo favore servizi e prestazioni diretti alla prevenzione,
alla cura e alla riabilitazione delle minorazioni, nonché alla sua tutela giuridica ed economica.
2.1.- A sostegno della correttezza dell'inquadramento giuridico dell'istituto suddetto, il giudice a
quo richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 233 del 2005, con la
quale l'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, è stato definito norma diretta "a favorire
l'assistenza al soggetto con handicap grave mediante la previsione del diritto ad un congedo
straordinario - rimunerato in misura corrispondente all'ultima retribuzione e coperto da
contribuzione figurativa - che, all'evidente fine di assicurare continuità nelle cure e nell'assistenza
ed evitare vuoti pregiudizievoli alla salute psico-fisica del soggetto diversamente abile, è
riconosciuto non solo in capo alla lavoratrice madre o in alternativa al lavoratore padre ma anche,
dopo la scomparsa, a favore di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi". Sotto altro profilo,
sottolinea ancora il rimettente, la medesima pronuncia avrebbe evidenziato che i fattori di recupero
e di superamento dell'emarginazione dei "soggetti deboli" sarebbero rappresentati non solo dalle
pratiche di cura e di riabilitazione, ma anche dal pieno ed effettivo loro inserimento nella famiglia,
considerato il fondamentale ruolo da questa svolto nella cura e nell'assistenza dei disabili, rispetto al
quale l'istituto del congedo straordinario retribuito si porrebbe quale specifico intervento economico
integrativo di sostegno.
2.2.- Alla luce di tali considerazioni, ad avviso del rimettente, risulterebbe costituzionalmente
illegittima l'esclusione del coniuge del disabile in situazione di gravità dal novero dei soggetti
beneficiari del congedo in questione (genitori, o, in caso di loro scomparsa o totale inabilità, fratelli
o sorelle conviventi del disabile), per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione.
2.3.- In primo luogo, con specifico riferimento alla dedotta lesione dell'art. 29 Cost., il giudice
rimettente osserva che il mancato riconoscimento del diritto al congedo straordinario retribuito al
coniuge del disabile in condizione di gravità determinerebbe un'ingiustificata minore tutela del
nucleo familiare proprio nei casi in cui sarebbe più forte l'esigenza di garantire che il lavoratore
conservasse la medesima retribuzione nel periodo destinato all'assistenza del consorte. É, infatti,
verosimile che in tali casi - come nella fattispecie oggetto del giudizio a quo - il coniuge abile sia
l'unico in grado di garantire il mantenimento economico, oltre che del consorte che necessita di
assistenza continuativa, anche degli altri membri della famiglia.
2.4.- In secondo luogo, l'attuale disciplina riserverebbe irragionevolmente un trattamento deteriore
al coniuge del disabile che versi in situazione di gravità rispetto a quello assicurato al genitore, o, in
caso di sua impossibilità, ai fratelli e alle sorelle del disabile, in relazione alla possibilità di
adempiere ai doveri di assistenza e di cura del proprio consorte (di cui all'art. 2 della Costituzione),
in quanto detto coniuge sarebbe posto di fronte all'alternativa fra prestare assistenza a quest'ultimo,
fruendo del congedo senza alcuna retribuzione - previsto dall'art. 4, comma 2, della
legge n. 53 del
2000
-, ovvero continuare a lavorare per assicurare allo stesso, nei limiti delle proprie capacità, i