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CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 17720/2011 »
Medicina Sociale
Corte di Cassazione – Sentenza n. 17720/2011
DEPOSITATA IL 29/08/2011
Non rientrano nel periodo di comporto le assenze per malattie collegate con Io stato di invalidità del lavoratore assunto secondo le norme del
collocamento obbligatorio, se lo stesso è adibito a mansioni incompatibili con le sue condizioni di salute.
Motivi della decisione
I – Sintesi dei motivi del ricorso
1.- Con il primo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia – in relazione all’art. 360, n. 3,
cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 10, commi 2 e 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68. Si
osserva che, già in appello, la ricorrente ha rilevato che il c.t.u. ha svolto il proprio accertamento senza
rispettare né il quesito che gli era stato posto dal Giudice né la legge n. 68 del 1999. Egli, infatti, non solo
nella relazione ha più volte espresso suoi particolari convincimenti giuridici, ma soprattutto – al fine di
stabilire se le mansioni affidate alla (…) nel corso del rapporto fossero compatibili con “la condizione
invalidante della ricorrente” (come gli era stato richiesto) – si è limitato a valutare tale condizione facendo
esclusivo riferimento alla situazione esistente all’atto dell’assunzione e del verbale di invalidità (1993),
arrivando così ad esprimere un giudizio di compatibilità rispetto alle mansioni svolte al momento del
licenziamento (31 maggio 2001), pur dopo avere dato atto che tutte le assenze contestate erano dovute a
malattie sopravvenute (regolarmente documentate) che avevano notevolmente aggravato lo stato di salute
della ricorrente e che riguardavano elementi funzionali direttamente coinvolti nell’espletamento delle
mansioni affidate alla lavoratrice stessa. Di tali malattie sopravvenute il c.t.u. però ha ritenuto
espressamente di non dovere tenere conto perché, a suo avviso, quelle che rilevavano erano solo le
condizioni patologiche che avevano determinato il riconoscimento dell’invalidità e la conseguente assunzione
ope legis. Ciò si pone in aperto contrasto con la normativa posta a tutela della salute dei lavoratori e, in
particolare, dei disabili. E’ noto, infatti, che così come, in linea generale, in base all’art. 2087 cod. civ., il
lavoratore è tutelato nello svolgimento del rapporto, analogamente il disabile, in base alla
è
tutelato non solo al momento dell’assunzione, ma anche nel corso del rapporto, in particolare con riferimento
all’obbligo di adibizione a mansioni compatibili con lo stato di disabilità (art. 10, commi 2 e 3, della legge n.
68 del 1999 cit). Nella sentenza impugnata vengono ripetute pedissequamente le conclusioni del c.t.u. senza
fornire alcuna motivazione al riguardo e conseguentemente viene, implicitamente, condivisa l’erronea
premessa sulla quale il c.t.u. ha basato il proprio accertamento. 2- Con il secondo motivo, illustrato da
quesito di diritto, si denuncia – in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione
dell’art. 2087 cod. civ. e dell’art. 10, comma 2, della legge n. 68 del 1999. Si contesta l’affermazione
contenuta nella sentenza impugnata secondo cui non potrebbe sussistere alcuna responsabilità colposa del
datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 cod. civ. se questi non sia stato informato dall’interessato della
sopravvenuta incompatibilità delle mansioni affidate al disabile a causa dell’aggravamento dello stato di
salute del lavoratore verificatosi nel corso del rapporto. In particolare si sottolinea che, dopo una prima
verifica di compatibilità disposta dalla datrice di lavoro a distanza di pochi mesi dall’assunzione, la (…) non
ha più proceduto ad effettuare verifiche analoghe, cui era invece obbligatoriamente tenuta a fronte del
susseguirsi di frequenti assenze per la malattia della lavoratrice. 3.- Con il terzo motivo, illustrato da quesito
di diritto, si denuncia – in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art.
18 della legge n. 300 del 1970. Si sostiene che, anche se alla (…) non fosse stato ritenuto addebitabile
l’aggravamento delle condizioni di salute della (…) o se si fosse ritenuto insussistente l’obbligo a carico della
datrice di lavoro di accertamento della sopravvenuta incompatibilità delle mansioni, ugualmente il
licenziamento della ricorrente avrebbe dovuto essere dichiarato illegittimo e inefficace ed avrebbe dovuto
essere disposta la reintegrazione della lavoratrice, sia pure con una limitazione dell’entità del risarcimento, in
conformità con un orientamento della giurisprudenza di legittimità. La Corte d’appello, tuttavia, ha ritenuto
che tale assunto difensivo fosse tardivo perché non avanzato in primo grado senza considerare che, invece,
si trattava di un argomento difensivo conseguente all’imprevisto esito del giudizio di primo grado. La Corte
bresciana ha, comunque, ritenuto che, nella specie, la questione non si poneva, data la legittimità del
licenziamento. Tale affermazione deve considerarsi erronea visto che, per effetto del suddetto orientamento,
sarebbe stato possibile scomputare le assenze per le malattie che hanno determinato l’aggravamento,
mentre tale soluzione è stata esclusa sul presupposto della mancanza di colpa del datore di lavoro. 4- Con il