27
Va ricordata, in proposito, la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite, conferito a ciascun
lavoratore dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, che è quella di
consentire al lavoratore, da
un lato, di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di
lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione (v.,
segnatamente, sentenze del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C-350/06 e C-520/06,
EU:C:2009:18, punto 25; del 22 novembre 2011, KHS, C-214/10, EU:C:2011:761, punto 31,
nonché del 30 giugno 2016, Sobczyszyn, C-178/15, EU:C:2016:502, punto 25).
28
Tale finalità, che distingue il diritto alle ferie annuali retribuite da altri tipi di congedo aventi
scopi differenti, è basata sulla premessa che il lavoratore ha effettivamente lavorato durante
il periodo di riferimento. Infatti, l’obiettivo di consentire al lavoratore di riposarsi presuppone
che tale lavoratore abbia svolto un’attività che, per assicurare la protezione della sua
sicurezza e della sua salute prevista dalla direttiva 2003/88, giustifica il beneficio di un
periodo di riposo, di distensione e di ricreazione. Pertanto, i diritti alle ferie annuali retribuite
devono, in linea di principio, essere determinati in funzione dei periodi di lavoro effettivo
maturati in forza del contratto di lavoro (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2015,
Greenfield, C-219/14, EU:C:2015:745, punto 29).
29
È vero che da una giurisprudenza costante risulta che, in talune situazioni specifiche nelle
quali il lavoratore non è in grado di adempiere alle proprie funzioni, a causa, in particolare, di
un’assenza per malattia debitamente giustificata
, il diritto alle ferie annuali retribuite non può
essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato (v.,
segnatamente, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C-282/10, EU:C:2012:33, punto
20 e giurisprudenza ivi citata). Così, per quanto riguarda il diritto alle ferie annuali retribuite, i
lavoratori assenti dal lavoro a titolo di congedo per malattia durante il periodo di riferimento
sono assimilati a quelli che hanno effettivamente lavorato nel corso di tale periodo (v., in
particolare, sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C-350/06 e C-520/06,
EU:C:2009:18, punto 40).
30
Lo stesso vale per le lavoratrici in congedo di maternità, che, di conseguenza, si trovano in
stato di incapacità di svolgere le propr
ie funzioni nell’ambito dei loro rapporti di lavoro e i cui
diritti alle ferie annuali retribuite devono essere assicurati nel caso di tale congedo di
maternità e poter essere esercitati in un periodo diverso da quello di quest’ultimo congedo
(v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2004, Merino Gómez, C-342/01, EU:C:2004:160,
punti 34, 35 e 38).
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Tuttavia, la giurisprudenza citata nei due punti precedenti non può essere applicata mutatis
mutandis alla situazione di un lavoratore, come la sig.ra Dicu, che abbia beneficiato di un
congedo parentale durante il periodo di riferimento.
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Infatti, occorre sottolineare anzitutto che la sopravvenienza di un’inabilità al lavoro per causa
di malattia è, in linea di principio, imprevedibile (sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff
e a., C-350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18, punto 51) e indipendente dalla volontà del
lavoratore (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16, EU:C:2017:914,
punto 49). Come già rilevato dalla Corte al punto 38 della sentenza del 20 gennaio 2009,
Schultz-Hoff e a. (C-350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18), la Convenzione n. 132
dell’Organizzazione internazionale del lavoro, del 24 giugno 1970, relativa ai congedi annuali
pagati, come riveduta, i cui principi devono essere presi in considerazione, in forza del
considerando 6 della direttiva 2003/88, ai fini dell’interpretazione di quest’ultima, annovera, al
suo articolo 5, paragrafo 4, le assenze per malattia tra le assenze dal lavoro «per motivi
indipendenti dalla vol
ontà dell’interessato», che devono essere «calcolate nel periodo di
servizio». Per contro, la fruizione di un congedo parentale non ha carattere imprevedibile e,
nella maggioranza dei casi, risulta dalla volontà del lavoratore di aver cura del suo bambino
(v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2007, Kiiski, C-116/06, EU:C:2007:536, punto
35).
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Dal momento, poi, che il lavoratore in congedo parentale non è soggetto alle limitazioni
fisiche e psichiche derivanti da una malattia, egli si trova in una situazione diversa da quella
che deriva da un’inabilità al lavoro dovuta al suo stato di salute (v., per analogia, sentenza
dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin, C
-229/11 e C-230/11, EU:C:2012:693, punto
29).