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settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro,
sull’integrazione scolastica – ha precisato la discrezionalità del legislatore nell’individuare le diverse
misure operative finalizzate a garantire la condizione del portatore di handicap mediante l’interrelazione
e l’integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale ( Corte Cost. n. 406 del 1992, 325 del
1996); ha più volte evidenziato la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza del disabile (da
ultimo, Corte Cost. 329/2011 e, in precedenza, Corte Cost. 233/2005) e, in particolare, nel
soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità
e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia (si vedano,
fra le altre, sent. nn. 158 del 2007, n. 350 del 2003, e n. 19 del 2009).
23. Le misure previste dall’art. 33, comma 5, devono, dunque, intendersi come razionalmente inserite
in un ampio complesso normativo – riconducibile al principio sancito dall’art. 3 Cost., comma 2 – che
deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano
esclusivamente con l’assistenza familiare e, dall’altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori
costituzionali.
24. Va, inoltre, osservato che questa Corte ( Cass. 9201/2012, 25379/2016, 22421/2015) ha affermato
il principio secondo cui “la disposizione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, laddove vieta
dì trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente,
deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati – alla luce dell’art. 3, secondo comma,
Cost., e della Carta di Nizza che, al capo 3 – rubricato Uguaglianza – riconosce e rispetta i diritti dei
disabili di beneficiare di misure intese a garantire l’autonomia, l’inserimento sociale e la partecipazione
alla vita della comunità (art. 26) e al capo 4 – rubricato Solidarietà – tratta della protezione della salute,
per la quale si afferma che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è
garantito un alto livello di protezione della salute umana.
25. Va anche osservato che la lettura dell’art. 33 c. 5 della L. n. 104 del 1992 nei termini sopra
ricostruiti è conforme alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata
con legge n. 18 del 2009 dall’Italia (C. Cost. n. 275 del 2016) e dall’Unione Europea con decisione n.
2010/48/CE (Cass. 12911/2017, 25379/2016, 2210/2016).
26. L’efficacia della tutela della persona con disabilità si realizza, per quanto rileva nella fattispecie in
esame, anche mediante la regolamentazione del contratto di lavoro in cui è parte il familiare della
persona tutelata, in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore è in funzione del diritto del
congiunto con disabilità alle immutate condizioni di assistenza.
27. E’, nondimeno, innegabile che l’applicazione dell’art. 33, comma 5, cit., postula, di volta in volta, un
bilanciamento di interessi, bilanciamento necessario, per vero , in via generale, per tutti i trasferimenti,
atteso il disposto dell’art.2103 c.c., che, nel periodo finale del primo comma, statuisce che il lavoratore
non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra “se non per comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttive”.
28. L’onere probatorio rafforzato posto dall’art. 2103 c.c sul datore di lavoro con riferimento all’esigenza
dell’impresa di variare la sede lavorativa (ex multis, Cass. 11984/2010) dimostra la preoccupazione del
legislatore nei confronti dei provvedimenti destinati ad avere, nella generalità dei casi, ricadute sovente
pregiudizievoli per il lavoratore sotto diversi versanti, incidenti non di rado oltre che sul piano
economico anche su quello familiare per interrompere, per tempi non limitati, quei rapporti di affetti e
di solidarietà quotidiana fondanti la comunità familiare.
29. A questi ultimi particolare attenzione è stata dedicata, come innanzi osservato, dal legislatore
italiano che, con l’art. 33 c. 5 della legge n. 104 del 1992, nel contesto normativo sovranazionale sopra
richiamato, ha inteso regolare più incisivamente i poteri del datore di lavoro nei casi nei quali il