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rispettivamente, degli artt. 10 e 11 suindicati, il parametro dell’orario risulterebbe riferito solo alle
ore eccedenti il servizio prestato nella giornata festiva.
L’intervento legislativo ha, quindi, una reale portata interpretativa, avendo esso avuto il compito di
dirimere un’incertezza (si veda Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 7 giugno 2011, n.
12318) e di fissare uno dei possibili significati da attribuire alla norma originaria, e cioè che il
lavoro straordinario prestato in giorno festivo è solo quello che eccede il normale orario di servizio
giornaliero e non l’orario settimanale.
6.– Questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che «va riconosciuto carattere interpretativo
alle norme che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o
di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata,
allo scopo di imporre a chi è tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato
significato normativo» (sentenza n. 424 del 1993). Ed ha chiarito che «il legislatore può adottare
norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una
disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri
tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato
ascrivibile ad una norma anteriore» (ex plurimis: sentenze n. 314 del 2013, n. 15 del 2012, n. 271
del 2011, n. 209 del 2010).
Inoltre, questa Corte ha anche più volte affermato che il divieto di retroattività della legge, pur
costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale
(salvo la previsione dell’art. 25 Cost. per la materia penale) per cui, allorquando «una norma di
natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato
normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più
aderente all’originaria volontà del legislatore», non è precluso al legislatore di emanare norme
retroattive (sentenza n. 150 del 2015).
D’altronde, la questione, come rilevato da questa Corte nelle più recenti sentenze rese in materia,
non è tanto quella di verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo e
sia perciò retroattiva ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, bensì di accertare se la
retroattività della legge trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e sia, altresì,
sostenuta da adeguati motivi di interesse generale (ex multis, sentenze n. 69 del 2014 e n. 264 del
2012).
7.– La disposizione interpretativa, nel caso in questione, appare coerente con l’assetto
complessivamente dato alla regolazione del lavoro festivo nel settore in esame, secondo la
disciplina collettiva recepita nei citati decreti. Al riguardo occorre del resto evidenziare che la
specificità del settore in esame è stata tenuta presente dal legislatore laddove, con l’art. 2, comma 2,
del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), ha disposto che nell’ambito, tra
l’altro, delle strutture penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli
organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, le disposizioni contenute nel decreto
stesso non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato
come individuate con apposito decreto interministeriale.
L’assetto normativo in esame si fonda sulla previsione (accanto all’indennità per la maggiore
penosità del lavoro svolto in un giorno deputato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale)
del diritto al recupero del giorno di riposo entro il periodo previsto dalla contrattazione collettiva.