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Con la Sentenza n. 262, depositata il 12 gennaio u.s. dalla Suprema Corte di Cassazione, è stata affrontata una questione di
particolare interesse e precisamente se sussista o meno il diritto del Dipendente, ripetutamente assunto con contratti a termine dallo
stesso Datore di lavoro, di vedere riconosciuta – nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo
indeterminato – l'anzianità di servizio maturata
La fattispecie trattata in Cassazione riguarda la nullità di reiterati contratti a termine stipulati tra un’Azienda e il Lavoratore dal 2000 al
2008. La nullità è stata dichiarata dal Tribunale di Tempio che ordinava anche alla stessa Azienda di trasformare i contratti a termine,
succedutesi negli anni, da contratti a tempo determinato a indeterminato sin dal primo contratto stipulato con il Lavoratore.
Nel caso di specie, il Tribunale non si era pronunziato sulla pretesa del Lavoratore di vedersi riconosciuta anche l’anzianità di servizio e
la Corte d'Appello aveva ritenuto tale pretesa
“soddisfatta dall'indennità omnicomprensiva prevista dall'articolo 32, comma 5,
della Legge 183/2010”
(l’articolo di Legge prevede che nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il Giudice condanna
il Datore di lavoro al risarcimento del Lavoratore stabilendo una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5
ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione).
Nel cassare la pronunzia di secondo grado, i Giudici di Cassazione hanno chiarito che la normativa che da’ luogo all'indennità
omnicomprensiva
“si interpreta nel senso che l'indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal Lavoratore,
comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia
del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostruzione del rapporto di lavoro”
. Ricorda, ancora, la Suprema
Corte di Cassazione che
“l'indennità è volta al “risarcimento” del Lavoratore. Quindi concerne un danno subito dal Lavoratore
e cioè un danno derivante dalla perdita del lavoro dovuta ad un contratto a termine illegittimo, un danno da mancato lavoro”
.
Inoltre, i Giudici di Cassazione precisano che l’indennità, di cui all'articolo 32, comma quinto, della legge 183/2010,
“non riguarda il
periodo o periodi di lavoro svolti con contratti a termine in quanto i diritti relativi a questi periodi non possono essere
intaccati e inglobati nell'indennizzo forfetizzato del danno causato dal non lavoro. Per questi periodi non vi è niente da
risarcire ed il risarcimento mediante indennizzo non può, in una sorta di eterogenesi dei fini, risolversi nella contrazione di
diritti legati da un rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa effettuata”
.
Diretta conseguenza del suddetto principio, conclude la Suprema Corte, è non soltanto il diritto alla retribuzione bensì anche a
“che
tale periodo o tali periodi
(di lavoro a termine)
siano computati ai fini della anzianità di servizio e, quindi, della maturazione
degli scatti di anzianità”
.