UNISIN ti ricorda che è sempre attivo il servizio SMS Gate per ricevere, sul tuo cellulare e in tempo reale,
notizie e curiosità di carattere sindacale e che sul sito www.unisinubi.it potrai trovare tutti gli
approfondimenti che ti interessano ed i numeri telefonici dei Dirigenti Sindacali UNISIN a tua disposizione
per ogni necessità. Inoltre, i documenti UNISIN sono reperibili anche nella “Bacheca Sindacale Elettronica”.
Per accedere alla bacheca, dalla HOME PAGE del portale UBI cliccare sul pulsante “LINK” (in alto a destra,
in fondo alla barra di navigazione) e nella pagina successiva accedere al menu “Link Utili” –> opzione
“Varie” -> “Bacheca Sindacale”.
Con la Legge 24 marzo 2001 n. 89 (c. d. Legge Pinto), il Legislatore - dopo varie resistenze e sotto il rischio di sanzioni della
Comunità europea - è stato, di fatto, costretto a recepire il dettame dell’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei
Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali che prevede l’obbligo per gli Stati aderenti di garantire un processo equo e una
durata ragionevole dello stesso.
Con tale Legge viene così codificato un procedimento giudiziale da svolgersi presso le Corti di Appello territorialmente
competenti al termine del quale, in caso di tempi non congrui del procedimento civile, amministrativo o penale, viene
emesso un decreto ingiuntivo nei confronti dello Stato per il pagamento di una somma fra i 500 e i 1.500 euro, per ogni
anno o frazione di anno superiore a sei mesi che superi il termine ragionevole del processo. L’art. 2 della stessa Legge
fissa, poi, i termini della “durata ragionevole” del procedimento che, brevemente, sono: 3 anni per il primo grado, 2
anni per l’appello e 1 anno per il giudizio di legittimità.
Ai fini operativi, l’art. 3 della Legge prevede che il ricorso vada proposto, a pena di decadenza, entro il termine massimo di 6
mesi dal giorno in cui diviene definitiva la decisione e la Corte di Appello ha l’obbligo di decidere, entro il termine di 4 mesi dal
deposito del ricorso, con un decreto eventualmente impugnabile in Cassazione.
Una volta esaurita la procedura, la Corte d’Appello deposita presso la Cancelleria il decreto con il quale, eventualmente, lo Stato
Italiano viene
condannato a corrispondere al ricorrente un indennizzo
, oltre alle spese legali sostenute. Il decreto viene
notificato, a cura del difensore, all’Avvocatura dello Stato.
Gli oneri economici di questo procedimento sono minimi
, difatti non è dovuto il contributo unificato e si pagano solo le
spese per le copie degli atti e dei verbali della causa originaria, per le copie del ricorso e per la notifica.
Attenzione:
il Giudice, quando la domanda per equa riparazione è dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata,
può condannare il ricorrente al pagamento delle ammende per un importo non inferiore a 1.000 euro e non superiore a 10.000
euro.
Due recenti modifiche sono state introdotte per disincentivare i ricorsi, per cui:
1)
non è più possibile iniziare un procedimento per richiedere l’indennizzo finché il procedimento iniziale non si sia concluso;
2)
se il ricorso viene dichiarato inammissibile o sia stato proposto oltre il termine massimo di 6 mesi dalla conclusione del
processo originario non è possibile riproporlo.
Va, infine, anche rilevato che, alla fine del 2013, lo Stato Italiano ha contratto debiti nei confronti di cittadini per condanne
dovute all’eccessiva durata dei processi per oltre 340 milioni di euro. La Legge di bilancio 2013 ha previsto uno stanziamento di
fondi a copertura delle spese in questione pari a 50 milioni di euro, ancora del tutto insufficiente per soddisfare gli aventi diritto
al risarcimento.
I legali di UNISIN sono a disposizione dei colleghi per valutare l’eventuale possibilità di accedere alle previsioni della
Legge di cui si tratta. Sul sito, inoltre, è possibile reperire il testo completo della norma.