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Doveva infatti ritenersi che il Castellano avesse proseguito nello svolgimento del periodo di
tirocinio regolarmente pagato, divenendo al termine di esso titolare di farmacia, come del
resto oggi risultante avvenuto dal 15 novembre 2001, alla luce di una recente visura
camerale.
Il ricorso è fondato quanto al primo motivo.
In materia di svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per
malattia, la giurisprudenza di questa Corte suprema è ormai costante nel ritenere che tale
comportamento può giustificare il licenziamento per violazione dei doveri generali di
correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che
nell'ipotesi in cui l'attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della
malattia, anche quando la medesima attività, valutata ex ante in relazione alla natura della
patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e con essa il
rientro del lavoratore in servizio (cfr., al riguardo recentemente, Cass. 10 luglio 2005 n.
14046).
Il Collegio ritiene peraltro che, nell' applicare tale regola al caso in esame, la Corte
territoriale abbia affermato in maniera sostanzialmente apodittica e prevalentemente sulla
base di mere ipotesi, non controllate anche alla luce delle argomentazioni contrarie della
sentenza di primo grado richiamate dalla società, che il lavoro svolto dal Castellani negli
orari prevalentemente notturni presso una farmacia della periferia milanese è compatibile
con la situazione di astenia che lo aveva fatto ritenere temporaneamente inidoneo a
svolgere l'attività lavorativa di impiegato presso la datrice di lavoro Draco Italiana, senza
approfondire in maniera adeguata le cause della malattia, le caratteristiche proprie di essa,
in un passo della sentenza definita depressione, né le concrete mansioni svolte dal Castellani
sia presso la Draco che presso la farmacia, tutti elementi di rilevanza decisiva in direzione
del duplice accertamento prima enunciato.
Concludendo, il ricorso va accolto quanto al primo motivo, con assorbimento del secondo (in
ordine al quale si ricorda peraltro che secondo questa Corte - cfr., per tutte, Cass. sez. lav.
28 agosto 2007 n. 18146 - grava sul datore di lavoro la prova dell'aliquid perceptum dal
lavoratore, ai fini della riduzione del danno accertato come conseguente all'illegittimità del
licenziamento, oltre quello rappresentato dalle cinque mensilità di retribuzione).
La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio, anche per il regolamento delle
spese, alla Corte d'appello di Brescia, che dovrà approfondire, anche alla luce di tutti gli
elementi di fatto indicati, di connotazione della fattispecie, la compatibilità o meno del lavoro
espletato dal dipendente presso terzi con lo stato di malattia denunciato e la sua idoneità o
non idoneità a pregiudicare o ritardare, secondo un valutazione ex ante, la ripresa del
servizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla
Corte d'appello di Brescia.