La Corte di Cassazione a Sezioni unite, con la Sentenza n. 30985 emessa il 27 dicembre 2017, è intervenuta per chiarire la questione delle conseguenze riconducibili alla illegittimità di un licenziamento disciplinare a seguito di contestazione comunicata dal Datore di Lavoro al Dipendente a distanza di oltre due anni dallo svolgimento dei fatti.
Il caso di specie riguarda un licenziamento operato da una Banca a seguito del quale il Dipendente ha presentato ricorso. Nel secondo grado di giudizio lo stesso Dipendente otteneva la reintegra nel posto di lavoro da parte della Corte di Appello di Firenze con la seguente motivazione: il provvedimento disciplinare “era da considerarsi nullo per la mancanza di contestazione immediata, posto che l’inerzia di durata ragguardevole era significativa della rinunzia della parte datoriale e comportava l’estinzione del diritto potestativo di recesso.”
Da qui, il ricorso della Banca presso la Corte di Cassazione avverso la Sentenza della Corte di Appello di Firenze.
Interpretando l’art. 18 della Legge n. 300/1970, la Suprema Corte, nel dispositivo di sentenza che ha cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Firenze, ha affermato che la predetta Legge non prevede mai la contestazione tardiva (con conseguente indebolimento della capacità di difesa effettiva del Lavoratore nell’ambito del procedimento disciplinare attivato dal Datore di Lavoro) tra i “vizi” che portano alla reintegra nel posto di lavoro.
Gli stessi Giudici di Cassazione hanno, altresì, affermato che l’inadempimento da parte del Datore di Lavoro (ritardo della comunicazione della contestazione al Lavoratore) – con riferimento ad un fatto/illecito comunque commesso dal Lavoratore (responsabilità del Lavoratore che abbia arrecato danno al Datore di Lavoro) – comporta il riconoscimento al Lavoratore della sola indennità risarcitoria ricompresa tra le 12 e le 24 mensilità ai sensi dell’art. 18 Legge n. 300/1970 e successive modifiche (comma 42 dell’art. 1 della Legge n. 92/2012).