Il 12 luglio si è svolto un incontro tra i Coordinatori delle OO.SS. del Gruppo Bper e i membri sindacali della Commissione Politiche Commerciali. Tema dell’incontro: le politiche commerciali nel Gruppo e le azioni da intraprendere per contrastare le crescenti pressioni alla vendita.
Lavorare in un’azienda commerciale non obbliga a sottostare a campagne settimanali su singoli prodotti, non obbliga a sollecitare l’indebitamento delle persone, non obbliga a subordinare la finanziabilità di un cliente alla sottoscrizione di una polizza (se non è obbligatoria per legge). Tutta la sovrastruttura di telefonate, mail, richieste di report, riunioni “liturgiche”, classifiche, serve molto a chi la esercita, e poco a chi la subisce. Infatti l’azienda remunera molto chi sta in alto nella piramide, e poco chi sta in mezzo o in basso. Soggiacere al tipo di pressioni ricevute al punto da perseguire ad ogni costo obiettivi quantitativi (adesso addirittura individuali, per diversi colleghi), quanto rende in termini economici? Intanto non rende nulla per circa tre dipendenti su dieci, comunque esclusi dal sistema di remunerazione denominato (impropriamente) MBO. Per gli altri sette vale la media del pollo di Trilussa: un pollo a testa vuol dire che ci sono due dipendenti che si portano a casa dieci polli cadauno, mentre agli altri cinque “premiati” spetta (se raggiungono gli obiettivi) una coscia, un’ala, un petto. In soldoni: nella mensilità di erogazione del “premio”, tre dipendenti su dieci non prendono niente, cinque notano un aumento impercettibile del netto in busta paga (essendo il premio tassato all’aliquota Irpef), gli ultimi due sono i soli a vedere un effetto tangibile. La matricola di questi due non appare in nessuno dei prodotti fatti sottoscrivere ai clienti, perché questi due sono (spesso) quelli che spingono a fare, ma non fanno. Nella struttura commerciale dell’azienda, quindi, ad un massimo di responsabilità si somma un minimo di remunerazione, e viceversa. Il paradosso è aggravato dal fatto che chi subisce queste pressioni le percepisce (spesso) come la natura stessa del proprio lavoro, e questo produce ansia, problemi del sonno, irritabilità, depressione. Capire in quale loop si viene precipitati in cambio di poco o di niente può essere già una buona arma di difesa, o almeno uno strumento di consapevolezza.
Le misure messe in atto dall’azienda (compresa una lettera di “responsabilizzazione” inviata solo ai quadri alti e intermedi dell’Area Affari) a seguito delle nostre ripetute segnalazioni non sembrano sortire alcun effetto apprezzabile. Le OO.SS. dichiarano quindi la necessità di alzare il livello del confronto attraverso:
– il ricorso alla Commissione Nazionale sulle Politiche Commerciali ed Organizzazione del Lavoro, istituita presso ABI
– la pianificazione di un ciclo di assemblee unitarie sui vari territori, per dibattere delle pressioni commerciali e decidere assieme ai lavoratori se proclamare ulteriori iniziative di lotta
– l’organizzazione di presidi di protesta e sensibilizzazione sui territori.
Ribadiamo a tutti i colleghi l’importanza di continuare a segnalare alle email dedicate ogni condotta che appaia in contrasto con quanto contenuto negli accordi nazionali e aziendali sulle politiche commerciali. Per parte nostra non ci limiteremo a segnalare le condotte inappropriate, ma provvederemo a segnalarne i responsabili. Non è più tollerabile che, attraverso la pubblicazione di ridicole “classifiche”, si espongano all’umiliazione intere filiali o aree territoriali, che è la prima e più evidente violazione dell’anonimato. L’anonimato o vale per tutti o non vale per nessuno.