Il confronto sull’aggiornamento del Piano Industriale è iniziato e l’azienda ci ha comunicato i primi dati utili ad individuare le potenziali ricadute sui lavoratori, al fine di ricercare tutte le possibili soluzioni per limitare i disagi ed evitare i rischi insiti in un Piano tanto ambizioso, dai contorni ancora poco chiari.
Al momento abbiamo ricevuto solo alcuni dati generici che non ci consentono di avere un quadro sufficientemente dettagliato. Quindi abbiamo richiesto ulteriori dati e informazioni (generali e specifiche) che l’azienda dovrà fornirci durante i prossimi incontri.
Il Piano evidenzia quale principale criticità la dichiarazione di 1.318 esuberi (persone, non “costi equivalenti”) da gestire, secondo l’azienda, anche attraverso cessioni/deconsolidamenti (leggi “esternalizzazioni”). Questo numero si ricava per differenza considerando i prepensionamenti in corso e quelli in via di definizione (1.300 dipendenti UBI “stand alone”, 532 Bridge Banks, ai quali si potrebbero aggiungere 341 dipendenti per i quali è già stata dichiarata la disponibilità di risorse economiche nel 2017 da parte di UBI per l’ingresso nel Fondo), le 878 future assunzioni e le uscite “fisiologiche”.
Contestiamo il dato relativo agli esuberi che dovrà essere oggetto di discussione e confronto; così come non condividiamo assolutamente il ricorso a esternalizzazioni.
Durante l’incontro l’azienda ci ha comunicato i dati dei bacini ad oggi noti per i futuri esodi che, con maturazione del requisito pensionistico al 31.12.2024, sono costituiti da 1.283 risorse in UBI (stand alone) e 93 nelle Nuove Banche.
Questo elemento ci rassicura poiché, se gestito adeguatamente, potrebbe risolvere il problema degli esuberi in modo volontario e condiviso, quindi in continuità col passato ed evitando soluzioni traumatiche che aprirebbero una lunga fase di conflitto nel Gruppo.
Il Gruppo UBI “stand alone”, al 30.6.17, ha un organico di 17.264 risorse, le Nuove Banche, complessivamente, 4.873 (2.765 NBM, 1.594 NBEL, 514 NCRC) per un totale di 22.137.
Abbiamo ricevuto il dato, solo numerico e suddiviso per provincia delle filiali che chiuderanno nel perimetro delle Nuove Banche (129 + 78 riqualificazioni in minisportelli) ma non l’elenco dettagliato che abbiamo già richiesto al fine di permettere ai lavoratori di avere certezze sul proprio futuro senza doversi affidare a voci infondate nonché di “difendersi”, nel delicato rapporto quotidiano con la clientela, da eventuali “aggressive” azioni commerciali da parte di altri istituiti di credito.
In merito alle ricadute derivanti dalla chiusura delle Direzioni Generali delle Banche che verranno incorporate in UBI e dalla chiusura delle filiali, al momento, le rassicurazioni sono soltanto verbali: attendiamo di conoscere il dettaglio delle lavorazioni che garantiranno l’occupazione su tutti i territori. Questo dettaglio ci permetterà di conoscere gli effetti sulla mobilità territoriale e professionale determinati dalla riorganizzazione di UBI su tutti i territori.
Riteniamo che ci siano premesse sufficienti per poter gestire in modo condiviso tra le parti sociali questa (ennesima) riorganizzazione; anche per confermare la oramai decennale solidità del sistema di relazioni industriali del Gruppo UBI.
I problemi da gestire sono problemi comuni, così come comuni devono essere le soluzioni da mettere in campo.
Di fronte ad una radicale trasformazione del Gruppo UBI è necessario che l’azienda eviti, nella propria attività, localismi territoriali che in passato hanno portato anche a gestioni imprudenti.
Da parte sindacale siamo consapevoli che le problematiche riguardano tutto il nuovo perimetro di UBI e che le soluzioni verranno prese esclusivamente dal tavolo negoziale di Gruppo.