NEDA E MARJANE: IL VOLTO REALE ED IL VOLTO FITTIZIO DELLA RIVOLUZIONE TRADITA
Elena Griggio
Teheran, film Persepolis – anno 1978 Teheran, telegiornale nel mese di Giugno – anno 2009 Il nesso c’è? Certo che sì. Tale nesso si avvale di una riflessione che, a pensarci bene, fa venire i brividi. E perché mai, vi chiederete voi? In fondo, Persepolis non è altro che un cartone animato ispirato dall’omonimo fumetto della pluripremiata Marjane Satrapi e per quanto riguarda la Teheran sconvolta dalle violenze che hanno seguito i brogli elettorali, beh, sarà da fine giugno che ne sente parlare pochissimo. Un cartone e una notizia persa nella nebbia, come tante altre.
Non mi soffermerò a commentare, amaramente, i servizi che ci offrono i nostri telegiornali: sul fatto che la bellezza delle star presto o tardi sfiorisce o sul cane fuggito dal camper dei padroni, in Texas, che si è ripresentato dopo tre anni alla loro porta di casa sebbene si fossero trasferiti in California.
Si tratta di notizie che, ormai, ci entrano ed escono dalle orecchie per assuefazione. Il problema però è un altro: in questo vortice di parole e servizi che il nostro cervello si rifiuta di catalogare come utili o importanti, vediamo finire nel dimenticatoio anche alcune notizie di grande interesse, e non solo per la loro rilevanza politica.
Sono informazioni che ci toccano nel profondo, ci sconvolgono, ci commuovono e ci fanno infuriare. Un po’ come il dolcissimo film di Marjane Satrapi, fermo restando che si tratta solo di un cartone, eppure…! Ecco il nesso con quanto sta accadendo a Teheran, oggi. In Persepolis vediamo la Teheran di trent’anni fa, quella della rivoluzione che farà cadere lo Scià, Reza Palhavi, e che permetterà l’instaurazione della Repubblica islamica (strana Repubblica, poiché ad essa appartengono parole come Pasdaran, Basiji e Ayatollah) e di lì svilupparsi la storia di Marjane, protagonista avversa alla Repubblica di facciata venuta a costituirsi. Però, oggi (o meglio, ieri) sullo schermo del nostro televisore, vediamo (o meglio, abbiamo visto) un’altra Teheran: nuovamente in piena rivoluzione, nuovamente sconvolta dalla rabbia e dal dolore. Ed anche qui una ragazza, Neda. Anche lei avversa al potere costituito. A sconvolgerci è il fatto che sia stata uccisa.
A sconvolgerci è la “colpa” per la quale è stata uccisa: rivendicare le basi della democrazia, nonché il rispetto del voto e della volontà popolare. Certo non sarà stata l’unica, né ad essersi ribellata e tanto meno ad essere stata uccisa, così impunemente. E lo dico con estremo rammarico.
La sorte di questa nuova Marjane ha colpito altre centinaia di manifestanti, senza contare le migliaia di persone finite in carcere e torturate. L’uccisione “in diretta” di Neda, i filmati della sua agonia hanno fatto il giro del mondo, dando nome al simbolo di questa rivolta nuova, che è stata imponente, difficile e pericolosa. Il mondo intero se ne è reso conto, nonostante le immagini ci siano pervenute tutte da riprese clandestine. Se ne deduce che, alle spalle di una Rivoluzione tradita, quella di Marjane, quella di trent’anni fa, il messaggio della rivoluzione sia lo stesso, sempre con molti giovani sostenitori. La coincidenza è che a rimanere lo stesso sia anche il destinatario: un regime antidemocratico oltre ogni limite. La notizia attestata è che durante la notte delle elezioni, le autorità impedirono a Mir Hossein Moussavi (il capo dell’opposizione che ha accusato di brogli il presidente rieletto Mahmoud Ahmadinejad) di scendere in piazza.
A discapito di ogni previsione, fu allora il suo sito online (non ancora bloccato dalla censura) a tenere viva la volontà di un milione (un milione!) di persone, che scese in piazza per manifestare la propria rabbia, la propria indignazione. Una prova di forza encomiabile! Il paradosso è che la rivoluzione tecnologica che si è dimostrata sorella di questa neonata (e vecchia di trent’anni) rivoluzione, ha permesso di aggirare la prigionia della televisione, voluta dal Governo. Una dittatura che non solo ha bloccato canali internazionali quali la CNN (la CNN!) e Al Arabiya (e tanti altri ancora) ma ha anche oscurato i siti sui quali si erano riversate le immagini della protesta, le prove del massacro, l’attestazione di tanta rabbia e dolore. Sono stati i cellulari e Twitter, a divulgare le atroci immagini. Grazie ad essi abbiamo potuto avere la diretta della situazione, siti che si cerca in ogni modo di salvaguardare. La repressione e le immagini agghiaccianti che ci sono pervenute da Teheran hanno mostrato una rivolta popolare massiccia che, a sua volta, sperava di trovare maggiore partecipazione nell’opinione pubblica mondiale, probabilmente indignata ma silente.
Le piazze di Teheran si sono riempite di persone il cui senso critico (e quindi non solo, attenzione, l’indignazione e volontà di riscatto) ha costituito la forza motrice e la guida, vincendo ogni paura. Nonostante Neda, nonostante tutte le altre persone senza nome che sono state uccise come lei, la rivolta a Teheran non è finita, anche se poco se ne parla, a meno di tre mesi dai tragici eventi.
La “Repubblica islamica”, teocratica, perpetua ingiustizie e violenze, senza interruzioni. Ma anche se assistiamo a ingiustizie e violenze attraverso il filtro del televisore o del monitor non dobbiamo, né possiamo, non sentirci chiamati in causa in prima persona. Informiamoci, costruiamo un solido spirito critico, indigniamoci e non rendiamo vana la muta ed infuocata resistenza degli oppositori all’attuale regime iraniano. L’informazione diventa dovere, oltre che diritto, dal momento in cui ci rendiamo conto che è la base più solida per intervenire su inaccettabili repressioni.