CRISI FINANZIARIA E RAPPORTI DI FIDUCIA
Gianfranco Suriano
La crisi dei mercati finanziari sta mettendo, tra l’altro, a dura prova il livello di fiducia della clientela nei confronti delle banche.
Si ripetono, purtroppo, vicende del recente passato quali, per esempio, i “bond argentini”, le obbligazioni Enron, Parmalat e Cirio che hanno bruciato i risparmi di migliaia e migliaia di cittadini, impegnati ancora in azioni legali per il recupero delle somme investite.
Oggi, a differenza di allora, la crisi evidenzia in modo più marcato la sua dimensione globale, visto che ad essere interessato dalle eventuali ripercussioni è l’intero sistema finanziario internazionale. Dunque, Lehman Brothers è stata solo la punta dell’iceberg di una profonda crisi finanziaria che sta gravemente intaccando la stabilità dei mercati mondiali.
In tale difficile contesto si registra, inevitabilmente, un calo di fiducia da parte della clientela, soprattutto, di quella direttamente coinvolta nella sottoscrizione di titoli a rischio “default”.
Nella fase che stiamo vivendo, la relazione tra cliente e banca, nella maggior parte dei casi, diventa fortemente critica. Il cliente intravede nella Banca non una Istituzione vicina con cui istaurare un rapporto fiduciario e di consulenza ma, letteralmente, una controparte da cui diffidare e, se possibile, da evitare.
Per questi motivi, non vi è dubbio che il ruolo più difficile all’interno delle banche è svolto oggi dai lavoratori impegnati nel commerciale cui spetta il compito di gestire la relazione con la clientela, interessata dalla svalutazione degli investimenti effettuati. Premesso che la sottoscrizione dei prodotti finanziari presuppone la consapevolezza dell’assunzione di rischio, ovviamente ove esiste, da parte dell’investitore, non possiamo non evidenziare come molte volte anche il cliente più colto dal punto di vista finanziario finisce per scegliere questo o quell’investimento perché inconsciamente “influenzato” dal gestore dell’area commerciale della banca, nei confronti del quale ripone la propria fiducia.
È normale quindi che, nel caso di eventuali problematiche relative ai titoli sottoscritti, il cliente si rivolga al proprio gestore per chiedere rassicurazioni circa il buon esito dell’operazione d’investimento effettuata.
Ma dopo aver ribadito al cliente che il rating alto dell’Istituto emittente il titolo non faceva presagire alcun problema d’insolvenza all’atto della sottoscrizione dell’investimento, quale altra rassicurazione può offrire il gestore? In tali circostanze l’unico intervento fattibile è quello della banca collocatrice dei titoli che dovrebbe rassicurare la clientela garantendo, per quanto possibile, il recupero delle somme investite. Ciò rappresenterebbe un atto di responsabilità a salvaguardia di quel patrimonio vitale che sono i clienti ed un’occasione per rafforzare la propria affidabilità, in un momento di particolare sfiducia degli investitori/risparmiatori.
Rappresenterebbe, soprattutto, un segnale di rispetto ed attenzione verso i dipendenti dell’area commerciale ai quali viene richiesto, quotidianamente, il raggiungimento di budget spesso impossibili e che oggi si sentono, ingiustamente, abbandonati a se stessi, senza alcun strumento da utilizzare per fronteggiare le lamentele, a volte anche vibranti e mortificanti, dei clienti.
Alcune società bancarie hanno ritenuto d’intervenire e, rivisitando il proprio operato hanno, pubblicamente, dato precise rassicurazioni e garanzie alla clientela. Molte altre, invece, trincerandosi dietro un silenzio assordante e ossessionati dai risultati di brevissimo periodo, non hanno, evidentemente, ancora compreso l’importanza e l’opportunità, in questa fase, di tale iniziativa