LA FUNZIONE PUBBLICA DELLE BANCHE
Enzo Parentela
I recenti richiami della Consob, nonché le esortazioni, più volte espresse dal Ministro Tremonti, sulla necessità che le Banche agevolino l’accesso al credito, soprattutto, per quanto riguarda le piccole e medie imprese, danno lo spunto per una riflessione più ampia sulla funzione pubblica delle Aziende di credito.
Come molti ricorderanno, fino agli anni ’90 lo Stato manteneva il controllo di numerosi Istituti di credito, come ad esempio le Casse di risparmio e le Banche di diritto pubblico.
La necessità di adeguare il sistema creditizio ai nuovi standard competitivi del mercato spinse il legislatore a trasformare tali Banche in soggetti privati, attraverso la forma giuridica della Società per azioni.
La Legge Amato, del ‘90, ha dato il via alla privatizzazione degli Istituti di credito. Oggi, il mercato creditizio è interamente in mano ai privati. La trasformazione del settore ha visto, anche, concentrazioni e aggregazioni di varie Aziende, andando a stravolgere – in più occasioni – la connotazione geografica delle Aziende coinvolte.
Ci sembra giusto sottolineare come il cambiamento intervenuto nella proprietà delle Banche abbia penalizzato, alla fine, il Mezzogiorno, che ha visto scomparire istituzioni storiche come il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, nonché le Casse di Risparmio meridionali, oggi tutte appannaggio di Gruppi bancari del Nord.
Sempre Tremonti si è espresso, più volte, a favore della creazione di un Istituto bancario del Mezzogiorno, consapevole del fatto che la mancanza di una Banca autenticamente territoriale, abbia ripercussioni negative sull’economia del Sud.
È il caso, quindi, che il Paese si interroghi sui benefici concreti che la trasformazione del settore bancario, da pubblico a privato, ha portato alla Nazione.
Primo interrogativo: la concorrenza tra le Banche esiste realmente? Le aggregazioni tra Gruppi bancari, che hanno concentrato, al loro interno, migliaia di sportelli, non sembrano essere un segnale a favore della concorrenza, anzi. Le numerose critiche e segnalazioni delle Associazioni dei consumatori – e in passato anche da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – non hanno mai ricevuto risposte soddisfacenti.
Secondo interrogativo: la privatizzazione delle Banche quale vantaggio ha portato al mercato e all’economia nazionale? Sarebbe utile che questa domanda fosse posta alle famiglie, alle imprese, agli Enti locali, alle amministrazioni pubbliche, ai lavoratori dipendenti delle Banche ed ai Sindacati, per conoscere i diversi punti di vista.
Terzo interrogativo: la vendita di prodotti finanziari, la concessione di credito alle famiglie e alle imprese, così come i tassi praticati sui mutui e sui finanziamenti in generale, sono esercitati dalle Banche in modo conforme alle regole di concorrenza e di trasparenza?
Le forze politiche dovrebbero, forse, porsi domande del genere, anche in funzione dell’importanza economica e sociale che le Aziende di credito rivestono nella vita del Paese.
Papa Benedetto XVI nella sua enciclica “CARITAS IN VERITATE” afferma: “Si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell’impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento.”.
Gli interventi di Tremonti – in modo particolare quando ha parlato di affidare ai Prefetti compiti di vigilanza in materia di erogazione del credito alle imprese, hanno suscitato critiche ma anche consensi trasversali e non debbono restare isolati.
Occorre, pertanto, che, al di là delle dichiarazioni di principio, vengano introdotte nuove norme di legge, tendenti a disciplinare con maggiore vigore il ruolo delle Banche, considerando che la “Libertà di impresa”, deve necessariamente tenere conto delle esigenze della collettività.