L’INDISTRUTTIBILE CRISTALLO
Alba Coscarella
Le persone scomode, decise, docili ed intrepide allo stesso tempo, prima o poi riescono – per il solo fatto di esistere – a cambiare il mondo.
Molti anni fa, un signore scalzo, inerme e perciò stesso pericoloso, amando i suoi nemici, abbracciando lebbrosi e prostitute, porgendo l’altra guancia a chi lo percuoteva ed infine, subendo l’estremo insulto della morte di croce – onore riservato a ladri ed assassini – ha traghettato l’umanità dalla preistoria al tempo moderno.
Alcuni anni fa, un altro omino anche lui scalzo, semi nudo e con dei buffi occhialini, fece traballare – è proprio il caso di dirlo – le fondamenta dell’impero britannico, costringendo un gigante mondiale a riconoscere l’indipendenza dell’India. Come ha fatto? Ha girato il suo sub continente invocando la libertà per il suo popolo e rispondendo alle violenze degli inglesi con la forza incontenibile del pacifismo.
Alla fine, non poteva non vincere. Adesso, una donna minuta, apparentemente fragile, con gli occhi da cerbiatto spaventato, è stata liberata dopo sei anni di prigionia nel mezzo della foresta colombiana.
Sei anni di silenzio assordante, durante i quali solo la gente comune ha tenuto desta la memoria di questo abuso immane. Il reato commesso? Candidarsi alle elezioni presidenziali ritenendo che le elezioni si chiamassero così perché la gente potesse liberamente votare e, conseguentemente, eleggere la persona che ritenesse più degna.
Ma in Colombia e, purtroppo, non solo in Colombia, eleggere non vuol dire scegliere il proprio candidato ma solo consacrare, con un voto che spesso ha il sapore amaro della beffa, qualcuno che è stato già scelto nella stanza dei bottoni. Ingrid Betancourt, basava la sua campagna sulla lotta al narco traffico – attività primaria della Colombia – e la lotta senza quartiere alla corruzione, anche questa attività di vasta portata, sia chiaro non solo in quel Paese. Con tali presupposti che, se realizzati, avrebbero trasformato il Paese da terra di nessuno in Stato civile, non solo non poteva essere eletta, ma soprattutto non doveva continuare a parlare; ed ecco la soluzione: il rapimento.
Il silenzio definitivo. La pietra tombale posta su ogni tentativo di stabilizzazione. Almeno nelle intenzioni dei suoi rapitori. Fortunatamente, però, il diavolo fa le pentole ma non sa fare i coperchi.
Da subito, parte dell’opinione pubblica (soprattutto in Francia) ha tenuto desta l’attenzione su questo caso, con una costanza encomiabile.
Quando la tensione sembrava calare, con la forza di una marcia oppure con manifestazioni di solidarietà che coinvolgevano più Stati occidentali contemporaneamente, si ricordava al mondo che Ingrid Betancourt era viva e vitale e la gente la ricordava e la voleva libera. Il 2 luglio 2008, finalmente l’incubo è finito.
Questo scricciolo di donna è scesa dalla scaletta di un aereo che l’ha riportata alla cosiddetta civiltà.
Le prime parole dopo i ringraziamenti di rito sono state: “ Non escludo la possibilità di candidarmi alle prossime presidenziali in Colombia…ma, per ora, non è una mia priorità. …Intanto penso ad una campagna per la liberazione degli ostaggi e ad impegnarmi sul fronte umanitario…”. Grazie, Ingrid, per il tuo straordinario esempio: instancabile, energica, perseverante, sempre più lucida e presente rispetto ai tuoi commossi intervistatori. Mai una parola di rabbia verso i tuoi carcerieri.
Gli effetti devastanti di sei lunghi anni di dura prigionia – dei quali preferisci non parlare – sembrano quasi avere addolcito i tratti del tuo volto, anche se sotto un velo di profonda tristezza.
Ci sentiamo di schierarci tra i tanti sostenitori del prossimo premio Nobel per la Pace per te, perché mai come ora il mondo ha bisogno di un modello di pacifismo che la tua persona e la tua esperienza rappresentano.