ANTICHE LOGICHE GATTOPARDESCHE
Ci voleva il macroscopico “caso Calabria” perché l’Italia si accorgesse che i trasferimenti possono avere anche finalità punitive, naturalmente per assicurare il mantenimento dello “status quo”.
La richiesta di trasferimento cautelare, da parte del Guardasigilli al CSM, del Pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, ha provocato nei cittadini Calabresi e, soprattutto, tra i giovani, un moto di sdegno e di protesta ampiamente diffuso (come è stato possibile rilevare dalla trasmissione di RAI2 “Annozero” di Michele Santoro, del 4 ottobre scorso, in diretta da Catanzaro).
Molti giovani, tra cui anche i ragazzi di Locri, hanno ritenuto che il trasferimento del Magistrato – certamente poco arrendevole alle lusinghe e alle pressioni dei diversi e svariati potentati italiani – chiesto dal Ministro della Giustizia fosse ingiusto e, per certi aspetti, pretestuoso.
Riecheggiando il grido di solidarietà che ha accompagnato la protesta meridionale all’indomani del delitto Fortugno: – “E ADESSO AMMAZZATECI TUTTI” – i giovani calabresi hanno difeso l’operato di De Magistris (senza scendere, peraltro, nel merito di alcune inadempienze formali attribuite al Magistrato, al vaglio del CSM) per il solo fatto che l’intera azione giudiziaria del Pm di Catanzaro è stata mirata al recupero della legalità in Calabria, tentando, risolutamente, di imporre quel minimo di trasparenza, collegata al rispetto del diritto, tesa a valorizzare la dignità dei calabresi onesti, del loro lavoro, squarciando il velo su storie di soprusi ed intrighi, che impediscono un corretto sviluppo ed un rilancio dell’economia meridionale.
La particolarità delle manifestazioni di protesta in Calabria – quelle di ieri come quelle di oggi – è quella di vedere, per lo più, giovanissimi battersi per il rispetto dei diritti comuni, come se, superata la soglia dei vent’anni – o forse dei venticinque, per gli universitari – si corresse seriamente pericolo ad apparire in manifestazioni pubbliche, siano esse contro la ‘ndrangheta che contro alcuni provvedimenti delle Istituzioni, considerati iniqui.
Ma dove saranno i genitori di quei ragazzi? I loro fratelli maggiori? I loro parenti, o gli amici – i più adulti, insomma – che, certamente, supporteranno quelle idee apertamente dichiarate?
In verità, bisognerebbe riflettere sulla paura che ancora serpeggia e vincola i cittadini calabresi per comprendere l’importanza di un’azione coraggiosa da parte di un Pubblico ministero.
Forse, dopo la visione di ragazzi appena sedicenni ai microfoni di trasmissioni RAI, in prima serata, pronti a lottare contro il trasferimento d’ufficio di un Giudice che sta tentando di contrastare la corruzione nella Regione più martoriata d’Italia dalla criminalità organizzata, si può meglio comprendere quanto rare siano le persone disposte ad esporsi in Calabria per garantire l’applicazione di una legalità, troppo spesso latitante nel Mezzogiorno tutto.
Quei ragazzi non stavano sostenendo soltanto una causa, la causa che può dare un volto nuovo al loro futuro. Loro stavano difendendo un modello di comportamento che vorrebbero più visibile e consolidato tra i garanti della giustizia in Calabria.
Con enorme soddisfazione, sono riusciti a raccogliere consensi e sostegno da ogni parte d’Italia. Basterà, però, tutto ciò a far restare Luigi De Magistris alla Procura di Catanzaro? Vedremo.
Intanto, tornando ai nostri bancari, si può dire, senza timore di smentite, che sono ormai abituati, da decenni, alla logica, spesso ingiusta, del trasferimento, ovviamente non per motivi riconducibili a dispute giuridiche.
Tempo fa, all’interno degli Istituti di credito i trasferimenti si limitavano al Direttore, prassi normale, o al singolo impiegato. Poi è venuta la volta delle filiali, trasferite da una Banca all’altra, seguite dalle Direzioni, non solo trasferite in altre città o addirittura in altre Regioni, ma, spesso, frantumate, sminuzzate, polverizzate magari in tanti piccoli call center o centri di servizio. Inoltre le stesse Banche, in molti casi, hanno dovuto sopportare il trasferimento in blocco, con il cambio di proprietà.
Come se ciò non bastasse ora stanno trasferendo le lavorazioni all’estero.
E già, una volta recepito che i Rumeni non lavano solo i vetri delle auto ma lavorano anche in Banca, e li si può pagare meno che i colleghi italiani, allora perché non trasferire all’estero alcune sedi di uffici?
In verità, quella che manca è un’adeguata risposta da parte di tutti i colleghi bancari italiani, uniti, magari nelle piazze, disposti a contestare questi massicci provvedimenti di trasferimento che penalizzano i dipendenti italiani delle Banche, il loro impegno, incidendo negativamente sull’intera affidabilità del sistema Italia.
Per i bancari, però, non basterebbe evocare lo slogan dei ragazzi calabresi contro il provvedimento che riguarda il Pm di Catanzaro, De Magistris, “ADESSO TRASFERITECI TUTTI”.
Per noi sarebbe troppo tardi. I danni sono già stati fatti.(e.p.)