“Globalizzazione? No, grazie.”
Atto secondo
Nino Lentini
Da qualche anno, parallelamente al processo di globalizzazione, stiamo assistendo, noi gente comune, in qualità di spettatori inermi, al processo di privatizzazione di un’infinità di Aziende di cui lo Stato, i Comuni e le Regioni avevano la proprietà.
Grandi colossi che passano dal pubblico al privato. Le motivazioni sono sempre le stesse. Le Aziende pubbliche sono in crisi per cui bisogna correre ai ripari. E riparare, in questi casi, ha un solo significato: “ cedere tutto ai privati”. Come se questi fossero i più bravi a risolvere qualunque problema.
In verità, ad una riflessione più attenta, ci rendiamo conto che, in fondo, le cose non stanno come ci vogliono far pensare e che, spesso, la realtà è completamente diversa.
Non è forse legittimo pensare che, talvolta, i diversi Enti privatizzati, pur di non affrontare le loro responsabilità hanno pensato bene di imboccare la strada più semplice da percorrere? È diventato un luogo comune addurre all’assenteismo ed all’assistenzialismo la causa della crisi. I mezzi e gli strumenti che i privati usano per combattere tali fenomeni sono esattamente i medesimi che le Aziende pubbliche avrebbero potuto, tranquillamente, attivare.
Così come per i privati è diventata una necessità organizzarsi e modernizzarsi, è diventata un’esigenza anche per ogni Istituzione o Azienda pubblica. Lo Stato ha il dovere di difendere il lavoro per offrire pari dignità a tutti i cittadini. Ciò non può accadere, di certo, se chi riveste ruoli di responsabilità e decisionali, decide di sottrarsi ad alcuni compiti.
Lavorare con dignità significa riuscire ad ottenere una retribuzione che permetta di vivere con onestà. Essere orgoglioso di tornare a casa, la sera, ed avere il coraggio di guardare in faccia tua moglie ed i tuoi figli perché con il tuo onesto lavoro sei riuscito a dargli un tenore di vita decoroso. La serenità di una famiglia è sicuramente la migliore condizione per affrontare le avversità che, inesorabilmente, la vita pone ad ognuno di noi.
Ma se le avversità cominciano fin dal primo mattino, allora tutto si complica.
Perché se da lavoratore stabile, grazie anche alle privatizzazioni, sei diventato un lavoratore precario e, quindi, il tuo stipendio non ti permette più di portare quel famoso minimo garantito ai tuoi familiari, allora la vita diventa un inferno.
Sì, perché, spesso, le privatizzazioni di grandi Aziende o di Servizi, hanno portato solo malessere e miseria. I salari si sono stati più che dimezzati ed il numero di lavoratori ampiamente decurtato, senza un’adeguata protezione sociale a sostegno di tali cambiamenti. Nelle Aziende dove tutto è cambiato senza cambiare nulla, in realtà i cambiamenti sono avvenuti, in modo notevole, nelle buste paga dei lavoratori – guarda caso – ora molto più leggere.
Se è vero che il mancato controllo dell’ euro ha contribuito da una parte a diminuire il valore del denaro, dall’altra non ha mancato di farsi sentire la voce del padrone che, con il pretesto di ottimizzare i costi, ha messo sempre in prima linea quelli del personale, il primo a pagare per ogni forma di privatizzazione. Infatti, le conseguenze sono state che, indipendentemente dagli utili dichiarati e dai dividendi esorbitanti spartiti fra i vari manager (è di tempi recenti la liquidazione di svariati milioni di euro a diversi amministratori di Aziende privatizzate), il lavoratore per poter avere uno spicciolo di aumento ha dovuto ricorrere, quasi sempre, a lotte aspre e non sempre vincenti. Le Aziende private, pur in presenza di bilanci altamente positivi, dichiarano la crisi, chiudono rami di Aziende e mandano in Cassa integrazione un numero imprecisato di dipendenti. Tutto, naturalmente, a carico delle classi sociali più deboli ed a beneficio dei ceti già abbienti, che accumulano guadagni su guadagni, (chissà perché?) con rarissimi controlli di trasparenza fiscale.
Viviamo, sicuramente, in un periodo storico nel quale le diseguaglianze sociali aumentano ed imperano individualismo ed egoismo personale.
Globalizzazione e privatizzazione quindi, due processi che camminano di pari passo e che producono incertezza e precarietà da una parte, mentre dall’altra l’Azienda Italia sembra guardare agli scenari internazionali cercando qualche spunto di imitazione per effettuare alcuni cambiamenti, spesso a carico dei cittadini meno facoltosi.
A nulla valgono le dichiarazioni di intenti da parte dei Dirigenti di Governo (ormai quasi tutti omologati – dispiace dirlo – a mere logiche di potere) se poi le situazioni peggiorano invece di migliorare.
Fortunatamente in questo “marasma”, pur con tutte le difficoltà del momento, le Organizzazioni sindacali stanno, ancora, resistendo per contrastare lo strapotere degli imprenditori ed dei datori di lavoro, in genere, frenando quello che sarebbe potuto essere un vero e proprio cataclisma per i lavoratori tutti.
A volte, con sfiducia e pessimismo si pensa che al buio non ci sia mai fine. Dopo lo scoccare della mezzanotte, invece, bisogna ricordare che le ore ci accompagneranno, sempre, verso l’alba di un nuovo giorno.