IL PERDONISMO ITALICO FRENA LO SVILUPPO
Claudia Guastalla
È giunto il momento di soffermarsi con maggiore attenzione su un problema di etica educativa riguardo l’imperante cultura dell’ideologia del successo. Non del successo in sé, ma dell’ideologia che lo sostiene.
Può apparire noioso parlarne e scriverne ma è importante, più che mai oggi, perché è una cultura che minaccia – per come è percepita, trattata e utilizzata in Italia – la crescita delle nuove generazioni, con danni imprevedibili. Il culto del denaro, del lusso, dell’ostentazione del potere, del consumismo mondano, del frivolo, sono simboli che hanno contagiato anche le famiglie mono – reddito, protese ad inseguire diversi miraggi esteriori nei riguardi dei propri figli, ai quali si cerca, anche indebitandosi, di dare tutto ciò che chiedono, al solo beneficio dell’immagine. Allora qual è la differenza tra l’ideologia del successo in Italia rispetto all’America e ad altri Paesi del nord Europa? A mio avviso, è l’etica calvinista, che esige il rispetto dei meriti reali, dell’onestà e del lavoro ben fatto.
Basta rifletterci un istante. Non solo l’intera storia italiana, ma anche il nostro presente, appare pervaso di ‘cristianesimo’. Si può essere atei in Italia, e tuttavia anche l’ateo più ‘incallito’ ricorderà la propria infanzia, e il suono delle campane della Chiesa più vicina e la gioia del Natale, mista di commozione religiosa e di attese festive. Sono osservazioni scontate, quasi banali.
Ma il fatto che questi accenni siano incontestabili pone – implicitamente – un problema. È possibile essere del tutto non-cristiani in una società come quella italiana? L’Italia è talmente plasmata dal cristianesimo, nella sua variante cattolica (la più diffusa nel mondo) che, da noi, è privo di senso pensare ad un individuo indenne dall’influenza del cattolicesimo. “Non possiamo non dirci cristiani”: in un modo o nell’altro, tutti abbiamo qualcosa che ci deriva dalla nostra formazione cattolica, anche se non abbiamo ricevuto, in famiglia, un’educazione religiosa. Le città italiane, peraltro, sono inconcepibili senza le loro Chiese o Cattedrali, che vanno dal romanico al gotico, al barocco, e così via. E il campanilismo – mi suggerisce un amico – deriva da campanile, che è sinonimo di Chiesa… Che cosa comporta questa forte presenza del cattolicesimo nelle nostre città, nelle nostre abitudini, nelle nostre vite, per dirla con una sola decisiva espressione? In Olanda, per esempio, è forte il senso della responsabilità individuale, di stampo appunto calvinista, ed è assai facile trovare esempi dell’influenza dell’educazione protestante nell’etica di molti Paesi europei. Il giansenismo, variante rigoristica del cristianesimo, è tuttora presente in Francia, in alcuni comportamenti dei francesi, anche degli uomini politici.
C’è corruzione anche Oltralpe – senza dubbio – nella cultura politica francese, però, si notano, di tanto in tanto, improvvisi colpi d’ala, momenti ‘alti’, più giansenisti che cattolici. Il continuo riciclaggio degli stessi uomini politici – che è una delle più inverosimili caratteristiche della nostra Repubblica, dalle origini ad oggi – sarebbe inconcepibile in Francia. Se si è colpevoli, si paga senza discutere troppo. Da noi, invece, si analizza, si distingue, si spacca il capello in quattro e, alla fine,… si ‘perdona’. Ogni cosa viene dimenticata, come dopo la confessione. Dieci Avemaria, cinque Padrenostro, e i conti sono in regola.
Il passato è passato, la colpa è mondata, non v’è più debito da saldare. Il cattolicesimo delega molte funzioni e poteri ai ministri del culto e alle gerarchie ecclesiastiche, sicché si è andata progressivamente sviluppando una sempre più profonda abitudine alla deresponsabilizzazione personale. Mentre per un calvinista ogni scelta è come schierarsi col diavolo o con Dio, per il cattolico la scelta appare meno radicale. È sempre possibile ‘aggiustare’ le cose, c’è sempre un terzo tra noi e il Signore, c’è il sacerdote, il mediatore per eccellenza.
La persistenza, invece, dell’etica calvinista è innegabile nella cultura e nella società olandese, americana, inglese e ne spiega anche l’apprezzabile sviluppo economico. In conclusione, se ciascuno riflettesse su questi argomenti e cercasse, nel proprio piccolo, di imparare un po’ di correttezza e di rigore e accostasse ciò alla splendida fantasia nostrana, di certo, il cittadino italiano medio avrebbe più successo personale. Si tratta di stimarci ed impegnarci nel quotidiano senza respingere quello che non va. Costruiamo invece di denigrare, impegniamoci per i nostri figli in un progetto che comporta fatica ma anche crescita intellettuale e soddisfazione. Forse così, andando all’estero, ci sentiremo sempre più fieri di essere italiani.