AL VIA LE CLASS ACTION
Enzo Parentela
Le class action, introdotte in Italia dalla precedente Legislatura, sono uno strumento processuale che consente a una pluralità di soggetti che intendano far valere un diritto – siano essi consumatori o utenti di un certo servizio – di rivolgersi all’autorità giudiziaria con un’unica causa, i cui esiti si riflettono su tutti i ricorrenti.
Negli USA lo strumento della class action rappresenta un formidabile deterrente nei confronti delle grandi multinazionali. Infatti, il singolo consumatore che si trova a subire un danno o una perdita economica a causa di un prodotto difettoso o non conforme, da solo non avrebbe molte possibilità di far valere i propri diritti. Anche perché le grandi aziende nel difendere i propri interessi, contro le istanze di risarcimento, non badano a spese, reclutando i migliori studi legali (mi permetto di consigliare uno degli ultimi film americani di denuncia sull’argomento: l’ottimo Michael Clayton).
Negli Usa dove le class action sono ormai consolidate, i consumatori, consociati tra di loro, hanno potuto affrontare azioni legali miliardarie, diversamente precluse ai singoli utenti. Un esempio per tutti è rappresentato dalle cause intentate alle multinazionali del tabacco, tra cui la Philip Morris, da ex-fumatori ammalati di cancro. In alcuni casi, i processi, si sono conclusi con risarcimenti di miliardi di dollari. Ed è proprio grazie a queste iniziative che oggi vengono scoraggiati eventuali comportamenti sleali da parte dei produttori di sigarette, come il ricorso a pubblicità ingannevoli o alla diffusione, senza regole, del fumo tra i minorenni.
n Italia, Il crack della Parmalat è un esempio significativo di come gli utenti – in questo caso utenti risparmiatori – si siano sentiti indifesi di fronte allo strapotere delle grandi aziende. Basti pensare che nei 12 mesi che precedettero il crack del Gruppo Parmalat alcune Banche, tra le maggiori del nostro Paese, trasferirono circa 200 milioni di euro dai loro portafogli ai risparmiatori, che così, inconsapevolmente, si ritrovarono, con i loro risparmi a finanziare le perdite della Parmalat. Ed è proprio contro quest’ultima azienda che si è recentemente conclusa la class action avviata negli USA presso il tribunale federale di New York.
La Parmalat ha raggiunto un accordo che prevede un trasferimento di proprie azioni del valore
di circa 24 milioni di euro e il pagamento delle spese legali sino alla cifra massima di un milione di euro. Gli italiani che non hanno potuto partecipare all’azione di gruppo americana, perché riservata solo agli statunitensi, dovranno aspettare la conclusione del procedimento avviato presso il Tribunale di Parma.
Altre class action stanno per essere intraprese, in Italia, questa volta nei riguardi di alcune Banche. Sul sito dell’Adusbef (www.adusbef.it) è già possibile scaricare diversi moduli predisposti per aderire a numerose azioni collettive. I moduli prevedono che l’utente che si ritenga, in qualche modo, danneggiato dal rapporto con Banche o altre istituzioni finanziarie possa conferire mandato di rappresentanza all’ Adusbef, come prevede la nuova normativa (ex art. 140 bis d.lgs 205/2006 (Codice del Consumo) e Legge 24 Dicembre 2007, n. 244 ).
Purtroppo, a differenza delle class action vigenti nei paesi dell’Unione europea quali: Regno Unito, Francia, Spagna, Germania, Austria, Finlandia, Danimarca, Grecia e Portogallo, la normativa introdotta in Italia non è altrettanto snella, tanto che potrebbe rivelarsi inefficace per scoraggiare quelle furbizie spesso adottate a danno degli utenti.
Nonostante ciò, l’introduzione delle class action, ha suscitato non poche reazioni da parte delle aziende che hanno addirittura definito questo strumento come “un atto grave di ostilità all’impresa”, o ancora “ un provvedimento rozzo che espone le aziende italiane e i lavoratori a gravi rischi”.
Il mercato globale, alla fine, sta presentando il conto a tutti. I lavoratori, per primi, sono quelli che il conto l’hanno pagato e lo pagano ancora salatissimo.
È troppo semplice pensare che le regole possano essere plasmate secondo le singole esigenze. Dagli Usa abbiamo importato i piani industriali, le ristrutturazioni, gli esuberi, i licenziamenti, anche quando le quotazioni azionarie delle aziende salivano in proporzione al numero di lavoratori licenziati. Perché mai le imprese italiane dovrebbero scandalizzarsi se adesso, con estremo ritardo, importiamo le class action? Oggi più che mai, si avverte la necessità di salvaguardare i diritti degli utenti.
Le normative introdotte con le class action sono un primo passo per favorire un maggior equilibrio nei rapporti tra aziende e consumatori. La strada è impervia ma aumentare la fiducia dei consumatori e degli utenti nei riguardi delle aziende fornitrici di prodotti e servizi è un obiettivo importante nell’interesse di tutti: consumatori, lavoratori e aziende.