TANTO PAGA SEMPRE PANTALONE
Gianfranco Suriano
Ecco, ci risiamo. È tempo di crisi congiunturale e le Banche propongono la loro ricetta (l’unica) per superare l’attuale fase di “empasse”.
E giù via con il solito ritornello: “….dobbiamo necessariamente ridurre i costi, dobbiamo tagliare e razionalizzare….”.
Ovviamente, il riferimento principale è al costo del personale. Pertanto, al fine di diminuire i costi, le Aziende del settore credito chiedono – per esempio – di smaltire velocemente le ferie spettanti ed accumulate nel tempo dai dipendenti a cui non è stato consentito in passato, sempre per esigenze di servizio, di usufruire delle giornate di riposo programmate; dispongono il divieto assoluto di effettuare ore di lavoro straordinario e sospendono i riconoscimenti spettanti al personale meritevole, magari della tanto attesa promozione.
Contemporaneamente gli stessi dipendenti continuano ad essere “sollecitati” ad una maggiore vendita di prodotti ed invitati a lavorare, soprattutto nelle filiali, in condizioni di enorme disagio, a causa del grave sottodimensionamento degli organici, che non consente il regolare e corrente svolgimento delle sole attività ordinarie.
Per carità, considerata l’attuale crisi che ormai sta investendo tutti i settori, in ogni parte del mondo, riteniamo comprensibile un intervento, ove possibile, anche sul riequilibrio dei costi (tutti, nessuno escluso) rispetto ai ricavi attesi dalle Aziende di credito, che, comunque, negli ultimi anni, soprattutto grazie al grande contributo delle lavoratrici e dei lavoratori, hanno registrato complessivamente ottime “performance”.
La cosa che ci sembra intollerabile, invece, è che le conseguenze della crisi siano scaricate totalmente su una sola componente del “sistema” ovvero il personale. Infatti, non si sente parlare di taglio alle “stock options”, nessuno fa cenno alla riduzione delle retribuzioni dei “Top manager” che tra l’altro, in molti casi, non sono stati all’altezza del proprio ruolo e ai quali sono da addebitare le operazioni effettuate con superficialità e che hanno determinato e determineranno, per i bilanci di alcune Banche, pesanti perdite. Mentre, in altri settori, si sta procedendo, seppur lentamente, ad un esame autocritico della gestione operata in quest’ultimi anni, nelle Banche, stranamente e contro ogni logica, quest’argomentazioni continuano ad essere tabù.
Evidentemente c’è qualcosa che non va, eppure dovrebbe essere interesse degli azionisti intervenire sui manager inefficienti e, se necessario, rimuoverli dall’incarico. Ma così non è. E allora, nell’attuale contesto, quale garanzia può offrire, per il futuro, un manager responsabile di una gestione negativa o quantomeno non lungimirante? Forse l’unica garanzia che può offrire è quella di una forsennata politica di riduzione dei costi del personale, attuata, a volte, con atteggiamenti anche intimidatori nei confronti del dipendente? A noi sembra proprio di sì, visto che le Aziende, in molte realtà, mostrano una totale insensibilità rispetto alle problematiche riguardanti il personale.
Oggi, l’intera società è alle prese non soltanto con una grave crisi economica ma anche con la perdita di quei valori culturali condivisi che, nel passato, elevati comunque a sistema, hanno permesso di superare momenti di estrema difficoltà. È quanto mai opportuno recuperare, in questa fase, quella visione di società dove le relazioni sociali, politiche ed industriali, siano utilizzate, effettivamente, per ricercare il giusto equilibrio tra gli interessi di tutte le parti in causa. Ritornando a casa nostra, riteniamo che la ricetta delle Banche per superare la crisi sia da considerarsi del tutto iniqua ed inadeguata per risolvere, anche in parte, i tanti, gravi problemi presenti nella fase economica in corso. Il rischio più immediato è quello di legittimare un modello relazionale imperniato sugli individualismi più sfrenati, con tutte le conseguenze del caso.