A CHE PUNTO SIAMO?
Francesco Murro
Nonostante la crisi finanziaria internazionale stia divorando l’economia reale e di sistema di buona parte del nostro mondo, l’occasione è comunque gradita per fare alcune considerazioni.
Certo è che il terremoto finanziario, il crack locale o intercontinentale che si voglia, non è mai auspicabile, non foss’altro perché contagia l’economia vera, per intenderci quella del giorno dopo giorno che deve farti campare, costi quel che costi.
A questo proposito, non dimentichiamo che le nostre amate banche, a seguito dello scenario reale assai incerto, diventano ovviamente più riluttanti nel concedere prestiti di qualsiasi tipo e, anzi, assorbono la liquidità che sono in grado di reperire per ricostituire le loro vitali riserve.
Fatta questa dovuta premessa, possiamo provare, con buona pace di tutti, a sostenere che viviamo ormai da lungo tempo, in una società evidentemente frantumata, segnata prepotentemente da uno svuotamento di valori civili e priva di un orientamento collettivo? Una società condizionata inoltre, e non a caso, e lo vogliamo dire senza acredine alcuna, dall’anomalia di chi per esempio ha deciso, legittimamente sia ben chiaro, di mettersi a capo di uno schieramento di partiti politici diversi e di cimentarsi di conseguenza nella seducente arte del governare questa nostra appannata repubblica, riconoscibile evidentemente, poiché altra spiegazione non solo non ci sarebbe, ma non potrebbe reggere, dal suo impero mediatico che alimenta il suo potere politico. Insomma una storia ormai da tempo assai nota che però ci serve per capire.
Certamente tutto questo non basta per sostenere le considerazioni fatte in precedenza, occorre chiedersi se quanto sta accadendo in Italia, e ribadiamo, ormai da tempo, non sia la manifestazione più eclatante di una crisi che travaglia, sia pure con modalità diverse, tutte le democrazie occidentali e se questa perdita di coesione sociale e di visione del bene comune non abbia una causa più profonda di quelle, pur significative, costituite dall’egemonia del grande capo e dagli errori tattici di un riformismo che potremmo definire quanto meno spaventato e confuso.
Uno sguardo a quanto avviene sullo scenario internazionale ci dice che la riscontrata malattia affligge tutto l’Occidente e diffonde i suoi virus nell’intero pianeta. Si tratta di un dilagante pensiero di tipo unico che è alla base di quel capitalismo spinto, iperliberista ma soprattutto selvaggio, che domina e controlla il mondo, un capitalismo culturalmente grossolano e socialmente rovinoso che nella versione made in italy, presenta i caratteri purtroppo peggiorativi del partito azienda e del conseguente ma anche ovvio e fisiologico conflitto d’interessi.
Un capitalismo di fatto senza regole, cinico, votato unicamente alla speculazione nuda e cruda, che ha sostituito quello di tipo controllato il quale, e ricordiamolo, fino agli inizi degli anni ’80, aveva cercato di indirizzare la libera iniziativa privata verso fini sociali e aveva posto alcuni limiti alla proprietà privata per renderle in qualche modo funzionale agli interessi generali della collettività. Questa specie di capitalismo, termine assai abusato, che a suo tempo qualcuno l’ha brillantemente definito come turbocapitalismo selvaggio, negli ultimi decenni ha abbattuto ogni serio controllo rivolto a regolare le attività economiche procurando così l’accrescimento della ricchezza dei ricchi e della povertà dei poveri, aggredendo e devastando un bene primario e assoluto come l’ambiente.
L’avvento dell’egemonia liberista ha fatto sì che la politica si rivoltasse contro se stessa riducendo i suoi poteri d’intervento nella vita economica e dilatandoli al massimo nei settori dell’ordine interno con l’evidente inasprimento delle misure repressive contro i più deboli e ulteriori interventi rivolti verso l’ordine internazionale con i condizionamenti economici e le operazioni violente come quelle belliche sempre di devastante e brutale attualità.
Mettere al rogo barboni, emarginati o persone con l’unica colpa di avere la pelle abbronzata è sport preferito per nuove generazioni allo sbando. E’ del tutto evidente che ci troviamo di fronte a una politica economica e sociale che è, al tempo stesso, madre e figlia di una cultura che esalta l’individualismo, frantuma la società, semina illusioni, mortifica la solidarietà, frastorna le intelligenze, fiacca le coscienze, spegne le speranze e imbriglia ogni moto di dissenso e di riscatto.
E’ insomma la versione aggiornata e perfezionata di quella logica all’insegna del motto panem et circenses con la quale l’ormai decadente impero romano controllava un popolo ridotto a vivere, come oggi il nostro, di modesti consumi e di suggestionanti spettacoli ovvero le attuali onnipresenti visioni televisive. L’augurio, doveroso e inevitabile, è allora che quella cultura illuminata, oggi forse pigra e distratta, ma profondamente riformista, preoccupata, per le sorti del paese, di questo Paese, fatta anche da giornalisti possibilmente non asserviti, spinga la sua riflessione non solo all’interno dei suoi ambiti più congeniali, vedi in questo periodo l’attenzione al ruolo sempre più indebolito e a rischio della scuola e dell’università, ma vada oltre, e incoraggi la diagnosi a definire le ragioni sorrette da tangibili azioni.
E lo faccia per verificare se la causa fondamentale della crisi non sia rinvenibile proprio nell’accettazione passiva di questo neoliberismo cinico e spietato. Liberismo questo, trattato con l’illusione riformista di poterlo umanizzare e per dare corpo a una politica davvero alternativa con l’intento di puntare realisticamente e gradatamente al rinnovamento profondo dell’attuale sistema ormai alla canna del gas. Un impegno per affrontare il quale non è certo necessario rispolverare, come in certi ambiti si ha la tentazione di fare, una sorta di vetero radicalismo totalmente fuori della realtà e senza futuro perché forse basterebbe, tanto per cominciare, ispirarsi alla nostra indispensabile Costituzione, ai suoi principi fondamentali ed alle sue direttive in materia di politica economica e sociale.
Magari allora riusciremo a vedere luce in fondo al tunnel, nel frattempo masochisticamente, godiamoci il freddo gelido della notte.