NON SOLO BANCHE PER COMBATTERE L’USURA – Emilio Contrasto
Le cause relative al diffondersi del fenomeno dell’usura nel Mezzogiorno – ed in Calabria in particolare – sono molteplici ma tutte possono ricondursi, senza dubbio, al contesto sociale, economico ed istituzionale del Sud. Voler individuare, per esempio, le Banche che operano nel Meridione come l’esclusivo elemento di criticità capace di giustificare il dilagare della pratica usuraia significa voler eludere il problema e trascurare elementi strutturali del fenomeno, consentendo – a volte anche in modo colpevole – il mantenimento dello “status quo”.
Il problema va analizzato considerando attentamente l’ambito territoriale in cui il fenomeno criminale nasce e prolifera. La Calabria, come del resto gran parte del Mezzogiorno, mostra un tessuto economico e produttivo fragile – costituito soprattutto da piccole e medie imprese – incapace di generare un costante e generalizzato sviluppo. Registra, inoltre, una presenza opprimente delle organizzazioni criminali che più facilmente possono operare in territori degradati e con tassi di disoccupazione elevati.
Questi elementi, che si nutrono a vicenda e costituiscono un circolo vizioso che produce sottosviluppo e arretratezza – sempre più marcata rispetto al centro e al nord Italia – concorrono a ridurre notevolmente la capacità dei territori di attrarre investimenti da parte di operatori istituzionali, imprenditori, etc. e innescano fattori consequenziali che peggiorano la situazione. Mi riferisco alla contrazione del credito offerto dal sistema bancario, al costo del denaro più elevato rispetto ad altre aree del Paese, per far fronte all’alto rischio d’insolvenza. Fattori, questi, che contribuiscono a determinare un pesante svantaggio competitivo delle PMI calabresi, in un mercato sempre più ampio e quindi difficile. Altro elemento di ingente criticità si evidenzia nella strutturale sottocapitalizzazione delle nostre Aziende.
L’insufficienza del capitale di rischio in seno alle Aziende meridionali obbliga le imprese a ricercare capitale da investire sul mercato, irrigidendo così la loro struttura patrimoniale e finanziaria e caricando i conti economici di forti oneri aggiuntivi, legati alla necessità di approvvigionarsi di mezzi finanziari di terzi. Ciò, in aggiunta agli oneri relativi alle infrastrutture maggiori nel Sud rispetto al Nord, contribuisce anche a rendere meno competitiva la produzione delle imprese meridionali rispetto alle concorrenti del settentrione. In uno scenario così sfavorevole, non vi è dubbio che l’usura possa trovare terreno fertile per sostituirsi alle legittime forme di finanziamento.
Nella situazione data, dovremmo interrogarci anche sugli accordi di Basilea 2 che – tra l’altro – prevedono, per le Banche, più rigidi parametri di valutazione, tendenti a rapportare in modo oggettivo il fabbisogno di capitale ed il relativo costo al rischio connesso ad un finanziamento. In assenza di strumenti in grado di supportare le Aziende dal lato delle garanzie e della consulenza, inevitabilmente l’accesso al mercato di capitali diventerà ancora più complesso ed il costo del denaro tenderà ad aumentare. In questa analisi non vanno poi trascurate le famiglie, anch’esse sempre più spesso vittime di fenomeni legati all’usura. Lo sforzo crescente di raggiungere “la fine del mese” e, anche in questo caso, la difficoltà, sempre più evidente, di offrire agli operatori istituzionali adeguate forme di garanzie e una “fedina finanziaria” pulita obbliga un maggior numero di famiglie a rivolgersi ad operatori che si collocano “ai margini della legalità” per reperire mezzi finanziari a costi elevatissimi.
Allora, se questo è lo scenario di sistema, per debellare il fenomeno occorre una risposta sinergica tra Istituzioni dello Stato e forze economiche. Il fenomeno va affrontato favorendo la sicurezza e l’ordine pubblico con una maggiore presenza delle Forze dell’ordine; creando i presupposti per una crescita generalizzata attraverso un modello di sviluppo concertato tra Imprese, Banche ed Istituzioni centrali e locali, senza dimenticare il ruolo ed i bisogni delle famiglie consumatrici. Tale modello dovrà prevedere una migliore utilizzazione dei Consorzi fidi a sostegno delle PMI momentaneamente in difficoltà, una maggiore elasticità nella valutazione di pseudo elementi di criticità spesso legati a difficoltà imprevedibili e momentanee piuttosto che ad una precisa volontà di eludere gli impegni assunti, un confronto più stretto fra Banche ed Imprese sane anche non adeguatamente patrimonializzate, un ruolo più incisivo, responsabile e consapevole delle Istituzioni come Comuni, Province e Regioni che con il sostegno dello Stato centrale dovranno indirizzare le proprie scelte nella direzione di garantire le precondizioni per lo sviluppo socialmente compatibile.
Penso, ad esempio, anche ad un sistema infrastrutturale e di comunicazione adeguato, alla gestione trasparente delle risorse economiche comunitarie, alla promozione di una vera ed autentica cultura della legalità nel Sud.