DALLA PARTE DELL’OCCUPAZIONE
Emilio Contrasto
Come noto, lo scorso 14 novembre, a Milano, è stato presentato ad Analisti finanziari, Stampa e Organizzazioni sindacali il “progetto di unione tra due forti Gruppi bancari regionali”, ovvero la fusione di Banca Lombarda in BPU Banca.
Il piano prevede, in estrema sintesi, la realizzazione – a regime – di un Gruppo bancario domestico che andrà a collocarsi al 6° posto dello scenario nazionale per capitalizzazione di mercato, al 4° posto per numero di filiali, al 5° posto per raccolta diretta e impieghi e, addirittura, al 3° posto per risparmio gestito. Sono state stimate sinergie conseguenti alla fusione per complessivi 365/mld di euro, di cui 140/mln di ricavo e 225/mln di costo.
Queste ultime, in misura del 50% circa, da realizzarsi mediante una riduzione di organico di circa 1.300 risorse (pari a circa il 6% dell’organico attuale) attraverso il ricorso ad “esodi incentivati” ed al blocco parziale del turn over del personale in uscita. I dettagli dell’operazione saranno oggetto di un prossimo piano industriale che sarà presentato ai mercati ed al Sindacato dopo le Assemblee straordinarie dei soci dei due Gruppi, fissate – almeno per quanto riguarda BPU – per i prossimi 2 e 3 marzo. Già oggi, comunque, alcuni elementi in più sul progetto cominciano ad essere noti.
Per prima cosa, il nome del nascente Gruppo manterrà la connotazione giuridica di società cooperativa per azioni appartenente a BPU Banca. Dopo una lunga “riflessione”, infatti, è stato definito il nome del nuovo Gruppo che sarà UBI Banca, ovvero: Unione Banche Italiane. Comincia, anche, ad essere meno evanescente la struttura della nuova governance che dovrebbe basarsi su un modello cosiddetto “dualistico”, con un Consiglio di Sorveglianza che nomina e revoca il Consiglio di Gestione. In UBI Banca, in base alle prime notizie, il Consiglio di Sorveglianza dovrebbe essere composto da 23 elementi e come Presidente si fa il nome di Gino Trombi, già Presidente della Banca Lombarda. Elementi questi che sembrano comunque marginali rispetto alla moltitudine di problematiche e necessità derivanti dall’operazione di fusione e che attendono, ancora, una qualche risposta. La sensazione generale è che a meno di due mesi dal “varo operativo” del nuovo colosso bancario ancora all’interno dei due Gruppi si continui a pensare in modo sostanzialmente autonomo, rinviando – almeno così sembra – quella essenziale fase di progettualità che dovrebbe precedere l’avvio di un piano di così grande valenza e con riflessi tanto importanti. Ritornando, comunque, agli aspetti generali del piano occorre, innanzitutto, ricordare che tale progetto – per il Gruppo BPU – va ad innestarsi su due precedenti piani industriali, peraltro ancora in fase di completamento, che prevedevano, fra l’altro, tagli occupazionali per ben 1.500 risorse, delle quali circa il 50% a solo carico della Banca meridionale del Gruppo (Banca CARIME).
Purtroppo anche questo nuovo progetto di fusione sembra basarsi, in grandissima parte, sul contenimento dei costi (ed in particolare sui tagli occupazionali) allo scopo di conseguire l’obiettivo della crescita economica dei conti del nascente Gruppo bancario.
Una seria preoccupazione, inoltre, va espressa per il perdurare, all’interno del Gruppo BPU, del clima di tensione suscitato dalle forti pressioni alla vendita sul comparto commerciale nonché dalla presenza di carichi e ritmi di lavoro non più sostenibili in tutte le Banche reti e nella Capogruppo BPU. Sarebbe, viceversa, necessario procedere all’immissione urgente di una nuova e stabile forza lavoro all’interno del Gruppo invece di ricorrere – ancora una volta – alla leva dei tagli occupazionali per conseguire obiettivi economici che il Sindacato ritiene di corto respiro e pericolosi anche per la crescita ed il consolidamento del Gruppo.
Altra fonte di attenzione è rappresentata dalla conferma dei poli di lavoro territoriali già previsti dal vigente modello federale di BPU. Infatti, allo scopo di limitare la mobilità territoriale delle lavoratrici e dei lavoratori e per garantire adeguati presidi territoriali presso le sedi di tutte le Banche reti, il modello federale scelto per BPU prevedeva la creazione di poli di eccellenza collocati sull’intero territorio nazionale, sui quali sono state ripartite tutte le attività della Capogruppo BPU.
Il prossimo piano industriale conseguente alla fusione tra Banca Lombarda e BPU dovrà continuare a garantire il mantenimento di tale modello e dei livelli occupazionali oggi presenti nei singoli poli.
Un aspetto non meno importante riguarda il futuro delle società prodotto oggi presenti all’interno dei due Gruppi ed il rischio di duplicazioni territoriali – in particolare in Lombardia – conseguenti all’unificazione dei due marchi.
Il rischio, anche in questo caso, è dover assistere a pesanti fenomeni di mobilità territoriale, di riconversione professionale e di trasferimento o vendita di filiali, sui quali il Sindacato intende concentrarsi allo scopo di definire metodi e strumenti finalizzati a minimizzare le ricadute sul personale coinvolto.
E’ indispensabile ragionare non più in termini di tagli occupazionali e di nuovi sacrifici a danno solo di lavoratrici e lavoratori bensì di crescita, di sviluppo occupazionale – partendo dalla conferma di tutti i contratti a tempo determinato, scaduti o in scadenza – e di pari dignità tra tutti i lavoratori e le Aziende del Gruppo BPU e di Banca Lombarda; a maggior ragione, in questo caso, trattandosi della fusione tra due realtà sane e produttive, entrambe, peraltro, già oggetto di importanti interventi di ristrutturazione industriale.
Ci sembra, inoltre, indispensabile che la Controparte aziendale comprenda che non sono solo gli azionisti l’unico stake holder per il quale creare valore, a scapito delle condizioni di lavoro di tutti i dipendenti e della qualità dell’offerta per la clientela.