Ancora una volta il mondo del lavoro è stato umiliato!
La decisione della Corte Costituzionale, che ha dichiarato inammissibile il quesito referendario inerente il ripristino dell’art. 18 ante Jobs Act, ha calpestato la dignità delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Il rispetto che la nostra Organizzazione nutre verso le istituzioni, in particolare per la Corte Costituzionale, ci impedisce di ritenere che si sia trattato di una sentenza politica.
Attenderemo, quindi, di conoscere le motivazioni ma – proprio sul piano tecnico-giuridico – il fatto che non sia stato ammesso il quesito referendario che avrebbe potuto ripristinare un principio di civiltà giuridica tanto elementare quanto fondamentale come la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, ci disorienta e ci indigna come Sindacato e come lavoratori. Ancora una volta, dunque, è stata disinnescata la “mina referendaria” su un quesito inerente l’art. 18. Nel 2012, la raccolta firme per abrogare la parte della riforma del mercato del lavoro targata Monti-Fornero (Legge 92/2012) che ha reso il reintegro un’eccezione e ha stabilito al suo posto la regola dell’indennizzo economico nei casi di licenziamenti ingiusti, fu vanifica dallo scioglimento anticipato delle Camere da parte del Presidente della Repubblica dell’epoca. Adesso, il diritto al reintegro divenuto ancor più una chimera per gli assunti dopo il 7 marzo 2015 grazie al Jobs Act, si vede sottratta la possibilità di rinascere per volontà popolare, perché il quesito è dichiarato inammissibile. Allora come oggi, UNISIN aveva appoggiato e sostenuto, politicamente e fattivamente, le iniziative referendarie e continuerà la battaglia per ripristinare il diritto al reintegro. Nei prossimi mesi, UNISIN non farà mancare il proprio appoggio alla campagna per gli altri due quesiti referendari che sono stati dichiarati ammissibili che riguardano l’abuso dei voucher (e del lavoro accessorio) e la limitazione della responsabilità solidale negli appalti. Misure figlie del Jobs Act, sostenute dall’attuale governo in continuità col precedente, che alimentano inesorabilmente la precarietà del lavoro. La massima attenzione va, nelle prossime settimane, proprio alle mosse del governo, che potrebbe puntare a modificare le normative oggetto dei restanti quesiti referendari per impedirne lo svolgimento.