La Corte Costituzionale interviene aumentando le tutele a favore dei lavoratori.
Le norme del Jobs Act, in caso di licenziamento, hanno limitato le tutele previste dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori che prevedeva l’obbligo del reintegro caso di licenziamento illegittimo, ingiusto e discriminatorio.
Il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23 prevede, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, il meccanismo definito “a tutele crescenti”, A partire, quindi, dal 7 marzo 2015 il diritto al reintegro per nuovi assunti a tempo indeterminato, in caso di licenziamento, è applicabile solo per casistiche ben definite.
In dettaglio, a seguito del decreto le tipologie di licenziamento, che possono dare luogo al reintegro, sono le seguenti:
– Licenziamento discriminatorio a norma dell’art. 15 della Legge n. 300 del 1970 (art. 2, co. 1);
– Nullo per espressa previsione di legge (art. 2, co. 1);
– Inefficace perché intimato in forma orale (art. 2, co. 1, ult. parte); per difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore (art. 2, co. 4);
– Per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa rispetto al quale sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore (art. 3, co. 2).
Al di fuori delle suddette casistiche la norma esclude il diritto al reintegro del lavoratore.
La Corte Costituzionale con sentenza numero 22 del 22 febbraio 2024 ha considerato incostituzionale tale limitazione, ampliando così le tutele a favore dei lavoratori.
Pertanto, grazie alla pronuncia della Corte, in caso di licenziamento il Giudice potrà procedere al reintegro anche nel caso in cui il licenziamento sia stato effettuato al di fuori dei casi indicati dalle norme del Jobs Act, come ad esempio in caso di licenziamento ritorsivo. Nella pratica, con questo intervento è possibile per un Giudice sostenere il diritto al reintegro di un lavoratore licenziato ingiustamente, anche se non rientra in un caso espressamente contenuto nelle norme.
Gli effetti della sentenza avranno un impatto nelle future cause di licenziamento, dando al Giudice maggiore libertà di interpretazione ed inoltre sarà possibile riconoscere al lavoratore ingiustamente licenziato anche il diritto al risarcimento del danno subito.
Nel merito, il pronunciamento della Corte Costituzionale fa seguito ad un ricorso presentato davanti la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, che ha ritenuto di sollevare una questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.
La Corte Costituzionale ritenendo fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 76 Cost., ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), limitatamente alla parola “espressamente”.