Pagina 849 - Il Punto Su...Le Dita! _ok3

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Con la sentenza n. 23669 del 6 novembre 2014, la Suprema Corte di Cassazione - nell’interpretare le novità
legislative introdotte con la Riforma Fornero (Legge 92/12) in materia di licenziamenti operati dal Datore di lavoro
- ha affermato che, al fine del riconoscimento del reintegro in alternativa al riconoscimento dell’indennità, occorre
operare una netta distinzione tra l'esistenza del fatto materiale e la sua qualificazione giuridica.
Nello specifico, la Cassazione con riferimento al licenziamento di natura disciplinare, ha ricordato che l'articolo 18, nella
sua attuale formulazione, si sostanzia in due regimi differenziati di tutela: quello della reintegrazione in servizio del
Lavoratore illegittimamente licenziato e quello del riconoscimento di un indennizzo risarcitorio quantificabile tra 12 e 24
mensilità.
Il punto controverso era relativo alla valutazione del “fatto contestato”, che si è ritenuto debba essere accertato
esclusivamente nella sua componente materiale ai fini della determinazione del regime di tutela reintegratoria o
indennitaria, prescindendo dalla sua qualificazione sul piano giuridico come comportamento idoneo, o meno, ad integrare
la giusta causa o il giustificato motivo soggettivo di licenziamento.
L'interpretazione resa con la Sentenza n. 23669 ribalta un precedente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale per
insussistenza del fatto contestato, alla luce delle modifiche all'articolo 18, comma 4, della Legge 300/70, si deve intendere
il fatto nella sua dimensione giuridica, comprensivo non solo della sua componente oggettiva, ma anche della sua
dimensione soggettiva. In forza di questa interpretazione, le prime pronunce della giurisprudenza di merito chiamate a dare
applicazione della nuova disciplina dell'articolo 18 sui licenziamenti illegittimi, avevano molto ridimensionato e
circoscritto gli effetti della nuova tutela meramente indennitaria, facendo rientrare nella nozione d'insussistenza del fatto
contestato il fatto globalmente accertato, nell'unicum della sua componente oggettiva e nella sua componente inerente
all'elemento soggettivo, e non invece il solo fatto materiale.
La Cassazione ribalta adesso questa prospettiva e afferma che il nuovo comma 4 fa riferimento al fatto oggetto di
contestazione nella sua dimensione storica e materiale, ribadendo che occorre tenere distinte e separate l'esistenza
del fatto materiale dalla sua qualificazione in termini giuridici.
Si ha la reintegrazione sul posto di lavoro, pertanto,
solo nel caso in cui il fatto materiale posto a fondamento del licenziamento sia risultato inesistente, dovendosi operare
la relativa verifica
senza margini per valutazioni discrezionali
in merito alla proporzionalità della sanzione rispetto alla
gravità del comportamento ascritto al Lavoratore.