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La Corte di Cassazione, prima Sezione Civile, con la Sentenza n. 2185 del 30 gennaio 2013, confermando, peraltro,
i precedenti pronunciamenti giurisprudenziali, ha fornito ulteriori precisazioni e chiarimenti in merito alla
regolarità degli ordini di compravendita di titoli impartiti telefonicamente dalla clientela alla propria Banca.
La Suprema Corte, attraverso la suddetta Sentenza, ha confermato il giudizio di secondo grado con cui era stato rigettato
il ricorso proposto contro la Banca da un suo cliente che aveva richiesto la risoluzione di un contratto d’investimento in
obbligazioni argentine (acquistate mediante ordine telefonico), poi andate in “default”, con contestuale richiesta di
restituzione, a titolo di risarcimento, della somma investita. Tra i motivi posti alla base della predetta richiesta, il cliente
citava, tra l’altro, il fatto che l’operazione d’investimento era stata eseguita dalla Banca senza la sottoscrizione, da parte
sua, di apposito ordine.
In sostanza, il cliente ha eccepito la violazione, da parte della Banca, dell’art. 23, comma 1 del D.Lgs. n. 58/1998 (T.U.F.
ovvero Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, noto più semplicemente come Testo unico
della finanza), che secondo una sua interpretazione – poi di fatto dichiarata erronea dalla Corte di Cassazione –
prevedrebbe che gli ordini di esecuzione di operazioni di compravendita di titoli debbono essere impartiti per iscritto, a
pena di nullità.
La Corte di Cassazione, viceversa, nel richiamare proprio il contenuto dell’art. 23, comma 1 del T.U.F. invocato
dal ricorrente, ha ribadito che la normativa vigente in materia d’intermediazione finanziaria dispone che solo i
contratti quadro che regolano gli aspetti generali della prestazione di servizi d’investimento debbono essere
sottoscritti, a pena di nullità, da entrambe le parti e non anche i successivi atti negoziali aventi ad oggetto i
singoli ordini del cliente.
Inoltre, la Suprema Corte, con riferimento agli ordini telefonici (come nel caso preso in esame), richiamando l’art. 60,
comma 2, del Regolamento Consob n. 11522/1998, ha sancito la
sussistenza dell’obbligo, da parte degli intermediari,
di registrare gli ordini telefonici su nastro magnetico o altro supporto equivalente.
Tale obbligo – ha, altresì,
precisato la Corte di Cassazione – rappresenta una regola che opera esclusivamente al fine di ricostruire, e quindi
comprovare, da parte della Banca, il contenuto degli ordini impartiti oralmente dalla clientela.
Con la Sentenza in questione, dunque, è stato sancito che l’esecuzione degli ordini d’investimento impartiti dal
cliente oralmente e regolarmente registrati dalla Banca, sono da ritenersi legittimi e non impugnabili
dall’investitore, al pari di quelli disposti in forma scritta.