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La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza n. 12119 del 16 luglio 2012 ha chiarito, tra l’altro, alcuni
importanti aspetti circa la legittimità dell’utilizzazione in giudizio, da parte del Lavoratore, di documenti aziendali
di carattere riservato al fine di poter esercitare il proprio diritto alla difesa.
La Suprema Corte – nella fattispecie – è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato da un’Azienda di Credito che, dopo aver proceduto a
due licenziamenti nei confronti di un Dipendente, si è vista prima annullare entrambi i provvedimenti disciplinari dal Giudice di primo grado e poi
confermare tale decisione anche dalla Corte d’Appello a cui la Banca si era rivolta per ottenere la riforma del precedente dispositivo.
Il Giudice di primo grado, nell’esaminare i ricorsi presentati dal Lavoratore contro i provvedimenti intimati dalla Banca, aveva deciso l’annullamento
del primo licenziamento dichiarando la carenza di prove sui fatti contestati al Lavoratore che era accusato di aver preteso da una impresa cliente della
Banca delle somme per la concessione di un affidamento. Per quanto riguarda il secondo licenziamento comminato dalla Banca – che contestava al
Lavoratore di avere prodotto nella fase giudiziale riguardante il primo licenziamento fotocopie di documenti riservati, sottraendoli dal fascicolo della
suddetta impresa cliente attraverso l’introduzione negli uffici durante il periodo di sospensione cautelativa – lo stesso Giudice di primo grado, senza
entrare nel merito dei fatti contestati, aveva dichiarato inefficace il provvedimento di licenziamento poiché lo stesso era stato irrogato quando il
rapporto di lavoro risultava già risolto.
Successivamente, la Corte d’Appello, nell’esaminare i ricorsi presentati dalla Banca relativi ad entrambi i licenziamenti, ha confermato
nella sostanza quanto deciso dal Giudice di primo grado. Inoltre, la stessa Corte d’Appello è entrata nel merito della vicenda relativa al
secondo licenziamento, affermando che il fatto che il Lavoratore fosse entrato in Azienda nel periodo in cui risultava cautelativamente
sospeso non poteva ritenersi comportamento idoneo a sorreggere da solo il provvedimento espulsivo in quanto non appariva assolutamente
provata la sottrazione di documentazione aziendale.
La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso avanzato dalla Banca e riguardante entrambi i licenziamenti, ha - tra l’altro -
affermato che
“con riferimento alla utilizzazione da parte del Lavoratore di documenti aziendali di carattere riservato,
occorre
distinguere tra produzione in giudizio di (tali n.d.r.) documenti al fine di esercitare – come nella specie – il diritto di difesa, di per
sé da considerarsi lecita, e impossessamento degli stessi documenti, le cui modalità vanno in concreto verificate.”
In conclusione, deve pertanto considerarsi ammissibile la presentazione in giudizio, da parte del Lavoratore, di documenti
aziendali, anche riservati, qualora gli stessi risultano fondamentali per discolparlo. Il principio, dunque, che scaturisce dalla
sentenza della Suprema Corte è volto ad anteporre il diritto di difesa in giudizio a quello di riservatezza aziendale.