Per anni, come Organizzazione Sindacale, ci siamo occupati delle pressioni commerciali evidenziando, nel tempo, le varie modalità con cui si utilizzava qualsiasi mezzo per sollecitare i dipendenti delle Banche alla vendita di determinati prodotti e servizi.
Per anni abbiamo cercato di opporci, con ogni mezzo e con ogni possibile iniziativa, agli eccessi, alle pressioni ingiustificate ed intollerabili sui Colleghi rispetto alle normali attività commerciali che ogni Azienda ha il diritto di esercitare in un regime di libera concorrenza.
Per anni abbiamo evidenziato che i budget devono essere, eventualmente, raggiunti esclusivamente nel rispetto della professionalità e della dignità dei lavoratori bancari oltre che in riferimento alla tutela dei legittimi interessi della clientela e, più in generale, del risparmio.
A distanza di anni non è cambiato nulla, ovvero, possiamo purtroppo affermare che, da un certo punto di vista, il clima nelle Aziende rispetto al così detto “mal di budget” è, in qualche modo, peggiorato e ciò non sembrava onestamente possibile dopo la crisi reputazionale che aveva, ed ha, interessato le banche di tutto il Mondo successivamente alle conseguenze disastrose di comportamenti opachi, deviati e spregiudicati culminati con il fallimento di banche dal famoso Ottobre del 2008.
Otto anni trascorsi invano? No, per ciò che concerne le norme emanate dai Regolatori possiamo dire che passi avanti nella ricerca di regole ne sono stati fatti anche se talvolta sono stati giustamente giudicati pro-ciclici nel senso che, in un contesto recessivo, le richieste stringenti di capitale aggiuntivo e le ipotetiche condizioni avverse da superare (stress test) hanno compresso la capacità di erogazione di credito, ovvero, hanno fortemente condizionato il necessario pieno sostegno che le banche avrebbero dovuto dare alle famiglie ed alle imprese alle prese con una crisi economica che non ha risparmiato nessuno.
Se analizziamo il contesto attuale sembra che queste esperienze non siano servite. Non sono servite agli Enti Regolatori, non sono servite alla politica e, sembra, non siano servite agli stessi banchieri che ancora inseguono obiettivi di breve periodo.
Certo per il Nostro Paese il problema della sostenibilità della finanza pubblica non è una zavorra da poco, tuttavia, attraverso il Sistema bancario è possibile una ripresa degli investimenti ed è quindi possibile innescare quel circolo virtuoso che porterebbe l’Italia fuori dalle severe analisi di Bruxelles. In questo modo si concretizzerebbe, infatti, il vero passaggio cruciale per il Nostro futuro: la sostenibilità del debito pubblico, del sistema pensionistico e quant’altro… e ciò “semplicemente” attraverso una ripresa consolidata dell’economia che dovrà essere misurata in unità di punto e non in frazioni di esso.
Ora, come Unisin, non riteniamo utile soffermarci sui comportamenti del management delle banche che si sono trovate in difficoltà, diciamo, non per questioni “squisitamente operative” poiché di quei comportamenti, eventualmente, se ne occuperà la Magistratura; a Noi interessa analizzare l’impatto che la perdita dei risparmi di quei clienti (anche se limitati rispetto al Sistema ma non per questo meno importanti) ha avuto ed avrà sulla credibilità del Sistema bancario nel suo insieme.
I Colleghi che sono di fronte ai clienti hanno un compito fondamentale da svolgere che risiede nel far giustamente comprendere, a chi si rivolge alla banca come punto di riferimento, che delle banche ci si può e ci si deve fidare.
I Colleghi che sono di fronte ai clienti sono loro stessi clienti della loro banca e quindi credono in ciò che propongono e si spendono in prima persona di fronte alle persone che si presentano a sportello e si rivolgono a loro: non sono consentiti comportamenti che tendono a snaturare questo rapporto attraverso pressioni alla vendita di prodotti e servizi per di più tali da essere assimilabili a gravi vessazioni e minacce alla persona.
Come Sindacato stiamo, probabilmente per assistere ad una nuova stagione di fusioni tra banche. Un nuovo processo di consolidamento che segue quello degli anni 90 dove la nascita di grandi Gruppi fu originata dalla necessità di competere, sotto il profilo dimensionale, con i player Continentali.
Tra le conseguenze non proprio positive di quella fase di consolidamento vi fu la concentrazione dei centri decisionali dei grandi Gruppi e quindi il progressivo allontanamento della banca dai territori di riferimento. Ora, vi sono troppe banche, troppi banchieri e troppi bancari? Crediamo proprio che il problema non sia questo e che non vi siano troppi sportelli bancari rispetto agli abitanti ed al rapporto con le imprese: è evidente dal raffronto con l’Europa e quindi non è una opinione del Sindacato.
Si vuole forse riprendere la strada degli esuberi, del taglio dei costi come unica strategia? Unisin crede che questo non sia possibile e che non risolva alcun problema al Sistema bancario Italiano alle prese con una importate e vitale questione, ovvero, quella della gestione delle sofferenze.
Nel contempo il Sindacato, ancora una volta, affronta il problema delle pressioni commerciali dove non si riesce a fare di meglio (per tentare di risolvere la complessa situazione fin qui rappresentata) che arrivare a minacciare i propri collaboratori – anche di trasferimento se necessario – al fine di vendere comunque e a qualsiasi costo con un ossessivo monitoraggio dei dati che non può che essere controproducente per le stesse Aziende.
Credevamo di occuparci del rilancio del Settore, di un nuovo modello di Banca, della gestione dei processi e di prodotti e servizi innovativi resi possibili dalle nuove tecnologie… ed invece siamo qui, ancora una volta, costretti a difendere i nostri associati da un insensato atteggiamento che non farà crescere certo la fiducia nelle banche di cui vi è tanto bisogno.