TORQUEMADA ABITA SEMPRE QUI- Alba Coscarella
Convertirsi al Buddismo pare sia diventato così diffuso da poter essere quasi considerato uno sport nazionale. Cosa spinge tante persone – provenienti da diverse religioni – a riconoscersi negli insegnamenti di Buddha?
Avvicinarsi ad una scuola buddista può aiutare a sciogliere questo nodo. All’interno dei “monasteri” – detti stupa – si incontrano bambini di tre o quattro anni ed anziani di età assolutamente indecifrabile.
Tutti si rifanno ai principi del buddismo. Un precetto impedisce di dormire “nei letti alti” ovvero nei letti muniti di materasso e/o coperte, e tutti dormono su stuoie poggiate direttamente sul pavimento, per evitare che l’eccessiva comodità possa indurre alla pigrizia.
Un altro precetto impedisce di cantare, ballare e mangiare troppo abbondantemente e tutti si adeguano. Infine, una norma impedisce di sposare e di avere figli e tutti si astengono dal praticare queste simpatiche attività. Questa è la differenza fondamentale tra il Cattolicesimo (si badi bene non il Cristianesimo) e il buddismo: la certezza che i dettami sono praticati da tutti: partendo dal Dalai Lama e terminando con l’ultimo dei “seminaristi”.
Ecco, a mio modesto parere, cosa attrae tanto verso questa dottrina e cosa sta allontanando una quantità crescente gente dal Cattolicesimo. Mai come oggi, infatti, tra le alte Gerarchie ecclesiastiche, il detto “fai come ti dico e non come faccio” ha trovato un considerevole numero di riscontri, purtroppo, non certo edificanti.
Anche volendo sorvolare sulle prime due norme, quello che oggi succede nella Chiesa a proposito dell’osservanza del terzo dettame è sotto gli occhi di tutti. Di fronte ad acclarati casi di pedofilia, narrati in prima persona da chi li ha subiti, abbiamo dovuto ascoltare un alto prelato affermare che la Chiesa condanna, apertamente, e scaccia dal suo contesto chi si macchia di una così turpe colpa, ma che sarebbe meglio non far conoscere alcune cose all’intera comunità dei cittadini, insomma non rendere pubblici abusi e molestie e, quindi, non classificarli come reati penali, sottoposti al giudizio dell’autorità giudiziaria laica.
Il problema, dunque, non consiste nel compiere alcune azioni, ma nel fatto che qualcuno ne informi l’opinione pubblica. La stessa Gerarchia, tanto disponibile a passare sotto silenzio questi “piccoli peccatucci” non ha esitato a sparare a zero su un ragazzo che, in una trasmissione televisiva, dopo aver affermato di essere profondamente credente e di far parte, da anni, del coro della sua parrocchia, ha dichiarato di essere omosessuale. Quanta immoralità! Questo scandalo va subito rimosso. Impediamo al ragazzo di cantare nel coro, invitiamolo a non frequentare più la parrocchia e, peccato che abbiano abolito i roghi, altrimenti sarebbe stata una buona occasione per fare un festoso falò con annesso barbecue.
Dagli all’untore, dunque! Ma a patto che sia senza tonaca o al massimo chierico.