IL CONTRATTO NAZIONALE CHE VERRÀ Enzo Parentela
Il rinnovo dell’ultimo contratto dei lavoratori del credito, ha introdotto alcune significative innovazioni, che rappresentano l’anteprima di quella che potrebbe essere una vera e propria rivoluzione nel futuro sistema dei rinnovi contrattuali.
La durata del contratto è diventata triennale, sia nella parte economica che in quella normativa (prima era biennale la parte economica e quadriennale quella normativa). La maggior durata del contratto, per quanto riguarda la durata economica, potrebbe sembrare una penalizzazione, ma, in realtà, non si è mai verificato che le precedenti contrattazioni abbiano rispettato la scadenza biennale, mentre il pagamento della, solita, una tantum, non è mai riuscito a compensare i lavoratori dai mancati aumenti degli anni pregressi.
Quindi, la durata contrattuale, con l’ultimo accordo, è stata fissata in tre anni, con l’impegno delle Organizzazioni sindacali a presentare la piattaforma alla controparte imprenditoriale, in tempo utile per consentire l’apertura delle trattative, sei mesi prima della scadenza del contratto. Queste semplici novità, la durata triennale e il termine di presentazione della piattaforma, anticipano le linee guida della Riforma dell’intero sistema contrattuale che CGIL – CISL e UIL si apprestano a definire e a discutere con le Associazioni datoriali. Infatti, il progetto di Riforma del sistema contrattuale, prevede la triennalità della vigenza contrattuale, unificando la parte economica e normativa e nel contempo pone in rilievo il rispetto della tempistica dei rinnovi, proprio perché non considera adeguati sia l’una tantum a posteriori che il sistema delle indennità di vacanza contrattuale, strumenti, questi ultimi, considerati troppo deboli per dare certezza al rinnovo del contratto.
Nella intenzione delle Organizzazioni confederali andrebbero introdotte delle penalizzazioni in caso di mancato rispetto delle scadenze. Altri aspetti che non potevano essere oggetto del rinnovo di un contratto di categoria come quello del credito, prendono, però, forma nel progetto di Riforma del sistema contrattuale e investono anche il sistema economico e quello fiscale, per la prima volta coinvolti nel sistema dei contratti collettivi di lavoro. La tutela e il miglioramento del reddito dei lavoratori vanno perseguiti, quindi, secondo i sindacati, oltre che attraverso il contratto, anche con un sistema, di prezzi e tariffe, trasparente, socialmente compatibile, in grado di frenare la ripresa dell’inflazione. Viene invocata, anche, una riduzione della pressione fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e delle pensioni. Obiettivo primario è quello di insistere sul mantenimento del potere di acquisto delle retribuzioni dei lavoratori e delle pensioni. Ma i sindacati confederali nel loro progetto di Riforma della contrattazione, si prefiggono, anche, di migliorare il secondo livello di contrattazione, non solo introducendo un maggiore sostegno a livello contrattuale ma anche reclamando un intervento legislativo per introdurre la de-contribuzione e la de-tassazione delle voci economiche, mantenendone inalterato il valore ai fini pensionistici. Per quanto riguarda, invece, le ristrutturazioni aziendali, tema particolarmente caldo nel settore bancario, il progetto che CGIL CSIL e UIL stanno elaborando prevede di rafforzare la normativa per i casi di appalti, outsourcing e cessioni di rami di azienda. Il fine è quello di raggiungere accordi e norme quadro per garantire condizioni normative, salariali e di sicurezza, più adeguate. Di quale tipo sia l’impostazione che, in futuro, sarà data alla contrattazione nazionale e ai contratti aziendali, dobbiamo augurarci che le Organizzazioni sindacali non perdano di vista la reale situazione in cui oggi si trova il mercato del lavoro italiano.
Negli ultimi venti anni, soprattutto, dopo l’abolizione della scala mobile e dopo l’avvento dell’euro, i salari dei lavoratori italiani hanno perso una fetta consistente del loro potere di acquisto. Di contro le imprese nazionali, Banche in prima fila, hanno registrato un forte incremento della produttività, con margini elevati di profitto, realizzati sempre a discapito dei lavoratori.
Non bisogna dimenticare, neppure, che il sistema pensionistico, ormai trasformato da retributivo a contributivo, riserberà ai pensionati del futuro delle pensioni inferiori al 50% dell’ultimo stipendio. Se teniamo poi conto che per rinnovare un contratto, quando le cose vanno bene e magari senza scioperi, occorre almeno un anno, non c’è da stare allegri, se si pensa che per ottenere i sospirati aumenti potrebbero non bastare quattro o cinque anni. In tutti questi anni i lavoratori italiani, con i loro sacrifici, hanno fatto moltissime concessioni alle imprese.
Il mercato libero, le fusioni, le concentrazioni, il precariato, gli esuberi, la Cassa integrazione, le pensioni sempre più risicate, sono un prezzo salatissimo che i lavoratori italiani hanno pagato per garantire la tenuta del sistema produttivo. Si scelga pure il metodo migliore per rinnovare i prossimi Contratti nazionali ed aziendali. Sarà bene non dimenticare, però, che è finito il tempo degli sconti, i lavoratori hanno già pagato abbastanza!