BUONE VACANZE
Dal latino “vacare”, esser vuoto, libero. Nell’augurio che ci scambiamo in questi giorni distrattamente, e nell’augurio che, soprattutto, ciascuno fa a sé stesso, quasi mai si pensa al significato etimologico detta parola. Forse ci si pensava di più da ragazzi, quando, chiusa la scuola, si aprivano davanti a noi quattro (allora) lunghissimi mesi di meravigliosa “vacanza”: di vuoto, appunto, e di libertà.
Allora non si usava andare in giro per l’Europa, per pretenziose full immersion in lingua straniera; di vacanze separate dalla famiglia, poi, neanche a parlarne; i soldi scarseggiavano, e anche le nostre pretese erano molto più limitate. Ma quella euforica sensazione di assoluta libertà, di spazio e di tempo, quella disponibilità di ore da vivere e da godere nell’ozio totale le abbiamo ritrovate solo raramente, una volta divenuti adulti.
La vacanza è stata sostituita, più prosaicamente, dalle ferie. E queste ultime, a loro volta, da un periodo di riposo e recupero delle energie psico fisiche. Per alcuni, invece, sono divenute un vero e proprio tour de force da consumarsi freneticamente tra giochini idioti, ideati da animatori (che parola orrenda) di villaggi turistici, o da spostamenti estenuanti sotto il sole cocente in autostrada, discoteche sino a notte fonda, consumo record di alcolici. Senza dimenticare le cenette ad alto contenuto calorico, le nuove e fugaci amicizie con compagnie occasionali, lo shopping compulsivo di paccottiglia, in negozi di falso artigianato locale made in China e di stracci d’alta moda a prezzi da rapina. In preparazione a tutto ciò, ci sono le frequentazioni di beauty center che promettono di regalare una forma perfetta in sette giorni e le ridicole performances sportive di atleti improvvisati.
Che noia! Auguro, e mi auguro, di trascorrere una vera vacanza. Di trovare il modo di staccare davvero da tutto e da tutti; di riprendere in mano la cosa più preziosa che ho, il mio tempo, di sapere riascoltare il mio corpo per chiedergli cosa vuole davvero e di cosa ha davvero bisogno. Di trovare il tempo di leggere quel libro che, in attesa, si è ricoperto di polvere sullo scaffale; di svegliarmi la mattina senza fretta e senza impegni. Di riascoltare quel disco che mi piaceva tanto. Di prendere il sole solo se mi va, di stare al fresco e all’ombra se ne ho voglia. Di sentire un po’ di silenzio intorno a me, per fare silenzio anche dentro di me. Per pormi quella domanda a cui tento sempre di sfuggire, e trovare forse la risposta.
E anche, perché no, per guardare meglio negli occhi il mio compagno, i miei figli, per cucinare, con gusto, quel cibo un po’ più elaborato, che non ho mai il tempo di fare. Per riflettere sul tempo senza il timore di sprecarlo e senza la smania di ottimizzarlo (altra tremenda parola), ma semplicemente per misurare quanto ne è passato, per pensare a come è passato, per capire come voglio che passi il resto che mi spetta. Quindici giorni di vuoto, senza che nessuno mi dica come riempirlo.
Forse il vero lusso, oggi, è il vuoto: l’assenza di messaggi, di comunicazione e d’informazione, l’assenza di rumore, d’organizzazione, di suggerimenti per gli acquisti. Il vero lusso è essere felici senza consumare, senza desiderare di consumare, senza progettare come consumare domani. Buone vacanze a tutti. (e.f.)