LA CHIAMAVANO BOCCA DI ROSA
Emanuela Frosina
È certo un Paese ben strano, quello in cui tocca ad un’ex reginetta di bellezza, nonché diva da calendario, far la parte della custode del decoro e della morale pubblica.
Tuttavia, gli illustri precedenti costituiti da personaggi come Reagan, Eastwood e Shwarzenegger ci inducono a non nutrire pregiudizi nei confronti della gente di spettacolo approdata alla politica.
Dal momento che i politici di professione non brillano né per capacità né per efficacia, tantomeno per popolarità, è giusto concedere un’opportunità a chi, almeno, la simpatia sa come conquistarsela.
Anche la stroncatura della portavoce delle prostitute italiane, Carla Corso (come quella di molti commentatori) che hanno ricordato insistentemente le passate performances legate al mondo dello spettacolo della Signora Carfagna – per ironizzare sulla sua recente proposta di legge contro la prostituzione – mi sembrano fin troppo facili e ad effetto; onestamente non credo che posare senza abiti ed in pose sexy a beneficio di adolescenti e camionisti, in uno studio fotografico, accuratamente truccata ed in posa, equivalga tout court a prostituirsi.
A meno che, in una ventata moralistica, di tipo islamico – fondamentalistico, non si cominci ad additare quale prostituta ogni donna che esponga un centimetro in più o in meno del proprio corpo, o che eserciti mestieri impudichi quali quelli dell’attrice, della modella, della ballerina o della velina, cui può capitare di lavorare poco vestita o di rivestire ruoli scabrosi, pur mantenendo, nella vita privata, un comportamento e uno stile di vita più che normali. Poiché prostituirsi significa, invece, offrire concrete prestazioni sessuali a pagamento, è di questo fenomeno – e non del Ministro Carfagna – che bisogna parlare. E, al riguardo, occorre porsi alcune domande.
La prima è se la prostituzione vada perseguita come reato.
La seconda – qualora la risposta alla prima domanda fosse affermativa – se abbia senso operare una distinzione tra reato commesso in uno spazio pubblico e reato commesso all’interno di abitazioni private.
Fino ad oggi, la legislazione italiana prevedeva che non si configurasse alcun reato, né per chi si prostituiva né per chi beneficiava della prestazione. Viceversa, erano reati l’istigazione e lo sfruttamento della prostituzione. La prostituta, invece, non veniva penalizzata, essendole riconosciuta, tacitamente, la facoltà di disporre del proprio corpo, purché ciò scaturisse da una libera scelta.
L’attuale Disegno di legge, trasformando la prostituzione in reato, ed equiparando nel reato prostitute e clienti, di fatto, ha dato il via a retate ed arresti delle prostitute che adescano per le strade ed a multe più o meno onerose per i clienti sorpresi in flagranza (a seguito, soltanto, di alcune disposizioni legislative varate da qualche Comune).
È facile prevedere che il fenomeno non registrerà alcuna regressione, ma che, più semplicemente, la prostituzione verrà risospinta nel chiuso delle abitazioni private, magari con qualche rialzo dei prezzi finali al cliente; nessun beneficio ne verrà ai privati cittadini, che anziché assistere allo spettacolo della prostituzione in strada, si ritroveranno nello stesso condominio, vicini di casa dalle strane frequentazioni.
Ancor meno sarà tutelata l’incolumità fisica di molte prostitute, soprattutto di quelle più giovani ed immigrate, che continueranno a rischiare ogni giorno la pelle ed a subire ricatti e violenze, spesso in condizioni di vera e propria riduzione in schiavitù. L’estetica delle città sarà, però, salva.
Sarà, insomma, una delle solite mezze soluzioni ipocrite all’italiana: un po’ più di apparente decoro, un po’ di voce grossa, molto facile moralismo, nessuna soluzione coraggiosa. Perché le soluzioni sono ben poche: o l’indicazione di aree cittadine specifiche al mercato del sesso, in un’ottica di tipo per così dire “olandese” e “tedesca”, e pertanto la rinuncia ad ogni tipo d’intervento proibizionistico, riducendo l’intervento delle Forze dell’Ordine ai soli casi di violenza; o una lotta senza quartiere al sesso a pagamento, in tutte le sedi e in tutte le forme, a mio avviso ingenua e velleitaria, nonché destinata in partenza al fallimento, viste le dimensioni planetarie della prostituzione.
Da non sostituire tali provvedimenti con un’efficace lotta alle bande criminali che dominano suddetto mercato, con specifiche azioni coordinate delle Forze dell’Ordine, mirate in modo specifico a colpire chi sfrutta, uccide e minaccia, e non già chi, più o meno consapevolmente, con maggiore o minore lucidità, vende o compra sesso.
Ho volontariamente accantonato la questione più importante e la domanda che contiene in sé, forse, anche un’eventuale soluzione del problema: perché, in ogni cultura ed in ogni tempo, esiste chi si prostituisce e chi si accompagna a prostitute? Il fenomeno coinvolge personaggi di ogni grado ed estrazione sociale (10,000,000 al mese gli italiani che comprano sesso) e se per la prostituta o per il transessuale si ricorre spesso a giustificazioni di tipo economico-sociale o di natura psicologica (disprezzo di sé o dell’altro sesso, esperienze precoci e degradanti, bisogno economico) è più complesso capire le motivazioni che inducono al sesso a pagamento anche personaggi che non ne avrebbero alcun bisogno; persino attori di fama, politici, rampolli di agiate famiglie di industriali.
Noia, bisogno di evasione, difficoltà ad instaurare una relazione autentica, voglia di un rapporto erotico senza alcuna complicazione sentimentale, brivido della trasgressione? Una cosa è certa: non sarà il ritorno ai ghetti a stroncare il mercato; anzi, la clandestinità potrebbe renderlo ancora più appetibile e fiorente.
L’unico antidoto possibile è, probabilmente, anche il più raro e difficile: coltivare con pazienza e nel tempo una cultura del dialogo e del rispetto verso l’altro e verso se stessi, che, naturalmente, induca al rifiuto verso una prestazione di natura mercenaria e non dettata da una reale attrazione o dal sentimento. In quest’ottica, guardo con speranza e fiducia a molti nostri giovani che serenamente vivono, sin dall’adolescenza, una sessualità sempre più libera e meno ipocrita, lontana, tanto dalla doppia morale dei nonni, quanto dalla forzata ed ansiosa “liberazione sessuale” dei padri. Che sia questa la nuova, parziale soluzione ad un problema antico?