TFR E PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Gianfranco Suriano
Dal 1 gennaio al 30 giugno 2007, oppure entro sei mesi dalla data d’assunzione – se successiva al 1 gennaio 2007 – quasi 11 milioni di lavoratori del settore privato saranno chiamati a decidere che cosa fare del trattamento di fine rapporto “maturando” (in maturazione dal 1 gennaio 2007): ricevere alla fine dell’attività lavorativa la vecchia liquidazione o decidere di investire il capitale per finanziarsi una seconda pensione. A dare avvio all’applicazione della Riforma della Previdenza complementare contenuta nel Decreto legislativo 252/05 è stata la Legge finanziaria 2007. Vediamo, in sintesi, le regole e le modalità di scelta con le quali i lavoratori dovranno confrontarsi per decidere consapevolmente sulla destinazione del Tfr. La scelta potrà essere esplicita (con dichiarazione scritta) o tacita (meccanismo del silenzio assenso). Nel primo caso il lavoratore dovrà dichiarare se conferire il Tfr ad un fondo previdenziale complementare, indicato dal lavoratore stesso, o mantenerlo in Azienda. Nel secondo caso (silenzio assenso) il Tfr sarà trasferito su un fondo previdenziale complementare, previsto dal contratto collettivo o da accordo aziendale ed, in assenza di tali previsioni, al fondo al quale ha aderito il maggior numero di lavoratori dell’Azienda. Ancora, in mancanza delle opzioni citate, il Tfr sarà trasferito al fondo pensionistico che verrà costituito presso l’INPS. Nel caso in cui si deciderà di mantenere il Tfr in Azienda, questo verrà trasferito al fondo statale gestito dall’INPS se l’Azienda ha almeno 50 dipendenti, altrimenti il Tfr resterà in Azienda. La Legge, relativamente alla percentuale di Tfr maturando da conferire al fondo di previdenza complementare, stabilisce diverse possibilità per i lavoratori che hanno versato i contributi all’INPS prima del 29/4/1993, rispetto a quelli che hanno iniziato a versare i contributi dopo tale data. Nella prima ipotesi si potrà scegliere di trasferire il Tfr maturando, sempre dal 1 gennaio 2007, nella percentuale almeno pari a quella versata attualmente, nel caso in cui il lavoratore sia già iscritto ad un fondo di previdenza complementare. Per chi non versa già una parte del Tfr al fondo di previdenza complementare, la percentuale minima da conferire è stabilita nella misura del 50%. Nella seconda ipotesi (lavoratori che hanno versato i contributi all’INPS successivamente al 29/4/1993), chi versa già l’intero Tfr al fondo previdenziale complementare non può modificare tale scelta. Invece, il lavoratore non iscritto al fondo può scegliere di mantenere il Tfr presso l’Azienda o conferirlo al fondo di previdenza complementare, in quest’ultimo caso, però, sarà obbligato a versare al fondo, l’intera quota di Tfr maturando. Vediamo ora quali solo le prestazioni in favore del lavoratore che aderisce al fondo di previdenza complementare. Le prestazioni del fondo di previdenza complementare, al raggiungimento dei requisiti d’accesso alla pensione obbligatoria, possono essere rese sotto forma di capitale (fino ad un massimo del 50% del montante maturato) oppure sotto forma di rendita. Il lavoratore iscritto al fondo prima del 28/4/1993 (“vecchio iscritto”) può richiedere la liquidazione in forma capitale del 100% del montante maturato. Ricordiamo che il trattamento di fine rapporto viene interamente liquidato al lavoratore all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, mentre le prestazioni finali del fondo di previdenza complementare sono rese solo al raggiungimento dei requisiti d’accesso alla pensione obbligatoria. Il lavoratore, generalmente, può richiedere che le prestazioni del fondo siano erogate anticipatamente all’acquisizione dei requisiti di cui sopra solo in particolari casi, come quello relativo ad invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità lavorativa. E’ possibile, anche, prima del raggiungimento dei requisiti d’accesso alla pensione obbligatoria ottenere in qualsiasi momento un’anticipazione delle somme maturate sul fondo di previdenza complementare fino ad un massimo del 75%, per far fronte a spese sanitarie per sé, per il coniuge e per i figli. Oppure, dopo otto anni d’iscrizione al fondo si può richiedere l’anticipazione, fino al 75% del maturato, per l’acquisto e la ristrutturazione della prima casa per sé e per i figli o il 30% per esigenze diverse. Analogamente anche per il Tfr è possibile richiedere delle anticipazioni fissate nella misura massima del 70%, solo dopo otto anni e per acquisto prima casa per sé e per i figli, spese di ristrutturazione prima casa e spese sanitarie di carattere straordinario per sé, per il coniuge e per i figli. Oltre agli aspetti normativi, relativi alla destinazione del Tfr nel fondo di previdenza complementare, per operare una scelta consapevole è indispensabile valutare attentamente il regime fiscale applicato alle prestazioni pensionistiche dei fondi di previdenza complementare e confrontarlo con quello relativo al trattamento di fine rapporto. Attualmente l’aliquota IRPEF relativa al Tfr, mantenuto in Azienda, non potrà essere inferiore al 23%. L’aliquota IRPEF relativa alla prestazioni pensionistiche erogate è fissata nella misura del 15% con una riduzione del 0,30% per ogni anno di partecipazione al fondo successivo al quindicesimo. La misura massima della riduzione è pari al 6% per cui, in ogni caso, dopo 35 anni di partecipazione si applica l’aliquota agevolata del 9%. In più il lavoratore potrà dedurre dal reddito i contributi versati al fondo nella misura massima di 5.164,57 euro. Un’altra valutazione da fare è quella relativa alla remunerazione del Tfr e del fondo di previdenza complementare. Anche se è impossibile stabilire, in assoluto, che cosa potrà rendere di più tra Tfr e fondo di previdenza complementare, si ritiene utile ricordare che il rendimento del Tfr è fissato per legge e cioè 1,5% annuo più il 75% dell’inflazione annua stabilita dall’ISTAT (considerato che per il 2006 l’ISTAT ha rilevato un’inflazione del 2,1%, il rendimento del Tfr si attesterà intorno al 3% circa) mentre per i fondi di previdenza non è possibile prevedere il tasso di rendimento perché questo varia in base alle linee d’investimento scelte dal lavoratore (prudenti in titoli di Stato e obbligazioni, più dinamiche in azioni, ect.) su proposta dei gestori del fondo. Con questa breve esposizione riteniamo di aver contribuito ad agevolare la scelta relativa alla destinazione del Tfr. La FALCRI, anche in quest’occasione, sarà a fianco dei colleghi per informarli e fornire loro ogni contributo utile a chiarire tutti gli aspetti relativi alla riforma in atto.