IL RISCHIO RAPINE
Secondo ABI, nel 2008 le rapine in Banca sarebbero diminuite del 27,3% rispetto al 2007 facendo registrare un numero di 2.160 rapine contro le 2.972 dell’anno precedente.
Sempre l’ABI segnala la diminuzione del cosiddetto “indice di rischio” (il numero di rapine ogni 100 sportelli), che è passato da 9,1 a 6,4 (-29,3%). Inoltre, dichiara una sensibile diminuzione anche del “bottino” complessivo che nel 2008 si è attestato a 43,4 milioni di euro contro i 57,2 milioni di euro dell’anno precedente (- 24%) e del “bottino medio” per rapina che, con circa 20mila euro, si mantiene tra i livelli più bassi degli ultimi 10 anni.
Dati che vengono mostrati da ABI come il frutto di un lavoro volto a migliorare la “sicurezza di cittadini e dipendenti”. Tuttavia, per avere un quadro completo della situazione, occorre andare oltre la lettura strettamente numerica dei dati. Se è vero che l’aumentato utilizzo, da parte delle Aziende, di strumenti dotati di temporizzatori per l’erogazione del denaro – come i “roller cash” piuttosto che i “cash in cash out” – non permette al rapinatore di concludere la rapina in tempi brevissimi o quanto meno brevi e, quindi, può spingere una parte della malavita a rivolgersi ad altri “esercizi” (farmacie, supermercati, tabaccai etc.), è altrettanto vero che le rapine divengono più lunghe e quindi potenzialmente più pericolose e scioccanti.
L’introduzione nelle agenzie di “blindati/temporizzati” e la conseguente sparizione di contante immediato, costringono, infatti, i colleghi ad interagire con i rapinatori per spiegare la situazione e convincerli che non è possibile consegnare con immediatezza il denaro.
Già questo rappresenta un evidente peggioramento dal punto di vista emozionale rispetto al passato, quando il malvivente esauriva la cosiddetta rapina “mordi e fuggi” con arma da taglio nel giro di 60/90 secondi. Ora non è più così e spesso ci si imbatte in rapinatori che non credono a quanto gli viene detto sull’impossibilità di consegnare il denaro e che di conseguenza possano diventare più violenti ed aggressivi prolungando la rapina di diversi minuti prima di convincersi ed andare via a mani vuote.
Per tutto quanto precede, possiamo affermare che le Banche stanno continuando a privilegiare in assoluto la protezione del denaro (security) rispetto a quella, prevista dalla legge, dei dipendenti e della clientela (safety). Un’ulteriore conferma in questa direzione arriva dalla lettura del Quadro Sinottico “Rapine ai danni delle dipendenze bancarie” anni 2007/2008, che riporta e considera solo le “Rapine consumate”, vale a dire le rapine dove si è registrato un danno economico con conseguente esclusione di quelle, anche cruente o scioccanti, dove non c’è stato danno economico.
La FALCRI ribadisce che non può essere questa l’unica strada per la tutela psico-fisica dei lavoratori: sulla sicurezza non si può risparmiare come se si fosse di fronte ad una qualsiasi voce di bilancio.
Nel frattempo è utile sapere che il 18 maggio 2009 la Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà della Regione Toscana (settore Ricerca, Sviluppo e Tutela del lavoro) ha inviato ai Direttori dei dipartimenti di prevenzione ed ai Componenti dell’Articolazione Pills, l’aggiornamento del documento regionale del 4.4.2006 sulla valutazione del rischio rapina tenendo conto del D.Lgs. 81/2008 e del parere espresso da alcuni enti, in particolare dall’ASL città di Milano attivata dalla FALCRI.
Per la FALCRI i “Protocolli” possono certamente diventare un importante momento di confronto e scambio di idee e soluzioni sul delicatissimo tema del “rischio rapina” a condizione, però, che tutte le parti in causa partecipino attivamente ai lavori. In caso contrario si finirebbe per trasformare tali documenti, addirittura, in strumenti “autoreferenziali”, capaci solo di “enfatizzare” le scelte di un solo attore (spesso le stesse aziende) senza tener conto delle esperienze e delle esigenze degli altri protagonisti coinvolti in tali processi (clientela, dipendenti, etc.).
La Segreteria FALCRI Gruppo UBI Banca