Il caso di specie, trattato dal Tribunale di Torino, ha riguardato una Lavoratrice alla quale il proprio Datore di Lavoro aveva comunicato il trasferimento dalla sede di Torino, luogo di residenza della stessa Lavoratrice, ad altra Unità produttiva distante oltre 80 km. Successivamente alla comunicazione del trasferimento, la Lavoratrice presenta le proprie dimissioni all’Azienda indicando il motivo delle stesse nel “rifiuto del trasferimento in altra sede di lavoro a oltre 80 km dalla residenza”. Fa seguito, ancora, alle dimissioni della Lavoratrice, la sottoscrizione di un verbale di conciliazione tra la stessa e il Datore di Lavoro con il riconoscimento alla Lavoratrice di una somma a titolo di incentivo all’esodo.
Dopo aver presentato domanda di riconoscimento dell’indennità NASPI, rigettata dall’INPS con la motivazione che la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni non dà diritto alla concessione della predetta indennità, la Lavoratrice inoltra l’istanza di riesame allo stesso Istituto. L’INPS, di fatto, conferma le precedenti motivazioni del diniego, aggiungendo “che in caso di trasferimento a oltre 50 km dalla residenza, raggiungibile in più di 80 minuti con mezzi pubblici, la cessazione del rapporto di lavoro deve avvenire con risoluzione consensuale per poter accedere alla NASPI; in caso di dimissioni per giusta causa è necessario, invece, che il lavoratore provi che il trasferimento non sia sorretto da comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive”.
Da qui il ricorso della Lavoratrice presentato al Tribunale di Torino per vedersi accertato il proprio diritto a percepire la NASPI.
Il Giudice del Tribunale di Torino, nell’esaminare la fattispecie oggetto del ricorso, ha richiamato il messaggio n. 369 del 26 gennaio 2018 e le circolari 142/2012 e 142/2015 emanati dall’INPS dove lo stesso Istituto di previdenza precisa che il trattamento di disoccupazione può essere concesso anche nei casi in cui: “in presenza di una condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro (…) le dimissioni del Lavoratore sono da iscrivere al comportamento di un altro soggetto e il conseguente stato di disoccupazione non può che ritenersi involontario”; la volontà del Lavoratore può essere stata indotta dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di trasferimento ad altra sede lavorativa distante più di 50 km dalla residenza del Lavoratore. Ha, poi, evidenziato come sia sempre lo stesso Istituto di previdenza a riconoscere che subire un trasferimento ad altra sede distante oltre 50 km dalla sede di lavoro abituale e/o raggiungibile in più di 80 minuti con mezzi pubblici, impatta in misura rilevante sulle condizioni di vita personali, familiari e lavorative.
Il Giudice, in conclusione, ha stabilito che le dimissioni rassegnate dalla ricorrente devono ritenersi involontarie perché determinate da una condotta datoriale che ha reso obbligata la scelta della dipendente, ponendola in una condizione di perdita involontaria dell’occupazione. Pertanto, ha accolto il ricorso condannando l’INPS al pagamento, in favore della ricorrente, dell’indennità NASPI.
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