Tutti i lavoratori disabili in situazione di gravità o i lavoratori con familiari disabili in situazione di gravità possono beneficiare di permessi retribuiti ai sensi della Legge 104.
I permessi e le agevolazioni legati alla legge 104/92 hanno lo scopo di aiutare chi è portatore di un handicap grave, ossia chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, sia stabile che progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa.
Il rischio della sanzione del licenziamento diventa concreto nel caso in cui il lavoratore beneficiario dei permessi per la Legge 104 ne faccia un abuso per altri scopi.
Secondo alcune Sentenze della Corte di Cassazione (la 5574/2016, la 17968/2016 e la 18293/2018) il licenziamento risulta legittimo quando:
– il lavoratore utilizza buona parte dei permessi per finalità estranee ai motivi assistenziali (come tempistica adottata nel caso in esame si riscontra un tempo di assistenza pari soltanto al 17,5 per cento del totale concesso);
– il lavoratore si trova in località differenti da quelle di assistenza (ad esempio mete turistiche) senza valide giustificazioni.
Al contrario, va considerato illegittimo il licenziamento per giusta causa quando il lavoratore utilizza parte dei permessi che hanno a che fare, ad esempio, con l’assistenza del parente bisognoso, per attività compensative delle energie impiegate per questa attività di supporto.
Infatti, secondo un principio di buon senso, il soggetto fruitore dei permessi non è tenuto a dover prestare l’assistenza in maniera continuativa per le 24 ore della giornata di permesso o durante lo stretto orario di lavoro.
La Corte di Cassazione Sezione Lavoro con Sentenza 7306/2023 afferma come l’onere di assistenza deve valutarsi con la necessaria flessibilita’, in modo da poter considerare anche i bisogni personali del dipendente e l’integrita’ del suo equilibrio psicofisico, sottoposto ad una gravosa prova per le incombenze legate alla cura dei familiari in difficili condizioni di salute. Cio’ secondo una interpretazione che tenga conto dei principi costituzionali di tutela della salute e della solidarieta’ familiare.
Nel caso preso in esame, non è giusta causa di licenziamento l’aver trascorso due ore al parco a leggere un libro nella giornata di permesso retribuito per l’assistenza di familiari non autosufficienti.
Pertanto vanno tenuti in considerazione i seguenti casi:
– non essere decisivi gli intervalli di tempo (quindi non troppo ampi) dedicati ad attività esulanti l’assistenza;
– si deve trattare di momenti di ripresa personale psico-fisica a fronte del gravoso onere di cura del soggetto assistito.
Secondo la Cassazione la giurisprudenza ha già ammesso che l’assistenza che giustifica la fruizione del permesso non deve svolgersi nell’intero orario di lavoro giornaliero, ma nell’arco della giornata. E che nulla osta a che il lavoratore in permesso possa durante il giorno uscire dall’abitazione dove risiede il familiare sia per svagarsi brevemente sia per attendere a compiti di sostegno, come recarsi in negozi di prodotti sanitari o negli studi dei medici che curano il parente disabile.
Ciò che rileva è che durante l’orario coperto dal permesso venga di fatto svolto il compito assistenziale che può, comunque, comprendere anche la possibilità di momenti di ripresa personale psico-fisica a fronte del gravoso onere di cura verso un familiare disabile e non autosufficiente.