La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 125 del 19 maggio 2022, ha precisato che ai fini della tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, per come modificato dalla cosiddetta “Riforma Fornero”, il Giudice non è tenuto a verificare che l’insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento economico sia “manifesta”.
La pronuncia della Corte Costituzionale fa seguito all’Ordinanza del 6 maggio 2021 del Tribunale ordinario di Ravenna che ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b) della Legge n. 92/2012 (“Riforma Fornero”).
Il principio d’incostituzionalità, dunque, ha colpito – nel caso di legittimità costituzionale preso in esame dalla Corte Costituzionale – la sola parola “manifesta” che precede l’espressione “insussistenza del fatto” posta alla base del licenziamento per ragioni di carattere economico, produttivo e organizzativo.
Infatti, su tale fondamentale aspetto l’Organo giurisdizionale è chiamato a svolgere una valutazione di mera legittimità che non può “sconfinare in un sindacato di congruità e di opportunità”.
La Corte ha, pertanto, affermato che il requisito della manifesta insussistenza, essendo indeterminato, si presta a incertezze applicative, con la chiara conseguenza di determinare una disparità di trattamento.
Ancora, la sussistenza di un fatto è nozione difficile da regolare, perché evoca “un’alternativa netta, che l’accertamento del giudice è chiamato a sciogliere in termini positivi o negativi”.
Inoltre, Il criterio della manifesta insussistenza “risulta eccentrico nell’apparato dei rimedi, usualmente incentrato sulla diversa gravità dei vizi e non su una contingenza accidentale, legata alla linearità e alla celerità dell’accertamento”.
Nelle controversie in materia di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo si è in presenza di un quadro probatorio articolato: oltre ad accertare la sussistenza o l’insussistenza di un fatto, tutte le parti attrici del processo sono chiamate ad adoperarsi “nell’ulteriore verifica della più o meno marcata graduazione dell’eventuale insussistenza”. Si verifica, pertanto, un “aggravio irragionevole e sproporzionato” sull’andamento del processo: nella sostanza, una irragionevole complicazione sul fronte processuale.
In conclusione, la Corte Costituzionale ha ritenuto esserci un chiaro e palese squilibrio tra i fini che il legislatore si era prefissato (in sede legislativa con la “Riforma Fornero” dell’art. 18), consistenti in una più equa distribuzione delle tutele di che trattasi, attraverso azioni decisionali più rapide e più facilmente prevedibili, e i mezzi adottati per raggiungerli.