Lo scorso due aprile ha fatto notizia un tweet del Ministro del Lavoro, il quale così scriveva: «Buongiorno a tutti, ma soprattutto, alle aziende e agli imprenditori italiani. Da oggi entrano in vigore le nuove tariffe INAIL, più basse del 30%. Per la prima volta dare lavoro in Italia costerà meno! Meno grida, più azioni concrete!»
Ora che in Italia il c.d. cuneo fiscale (differenza tra quanto un dipendente costa all’azienda e quanto realmente egli percepisce) sia eccessivamente gravoso e che questo possa costituire un deterrente alle nuove assunzioni è notorio. Un alleggerimento del cuneo fiscale può certamente produrre effetti positivi, di natura espansiva, e fornire ossigeno al mercato del lavoro, tuttavia è necessario che i tagli non siano “lineari” o “indiscriminati”: è essenziale che gli interventi di riduzione del costo del lavoro siano mirati, specifici e che non rechino pregiudizio, nemmeno in minima parte, alla sicurezza e al benessere dei Lavoratori.
UNISIN, con la sua consueta trasparenza, afferma che in questa circostanza non vi è assolutamente nulla da festeggiare: questi tagli, oltre ad essere irragionevoli e mal strutturati, mettono seriamente a rischio la salute e la sicurezza dei Lavoratori sul posto di lavoro.
Se un regalo è stato fatto, questo non è certamente rivolto ai Lavoratori del nostro Paese.
La Corte dei Conti ha registrato i tre decreti interministeriali firmati lo scorso 27 febbraio dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, con cui sono state aggiornate le tariffe dei premi assicurativi sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, cioè gli importi che i datori di lavoro versano all’INAIL in cambio della copertura assicurativa.
L’esigenza era quella di aggiornare il valore dei premi fermi da quasi vent’anni: la revisione – si legge sul sito dell’INAIL – ha comportato anche una riduzione del 32,72% – dal 26,53 per mille del 2000 al 17,85 per mille – dei tassi medi nazionali per le imprese, che sono stati calcolati prendendo come riferimento i dati relativi all’andamento infortunistico e tecnopatico nel triennio 2013-2015 e le retribuzioni soggette a contribuzione di competenza nello stesso periodo, mentre il taglio complessivo dell’onere finanziario che ricade sulle aziende è aumentato di circa 500 milioni, fino a 1,7 miliardi di euro.
L’intervento sulle tariffe avrà validità triennale, fino al 2021. Dopo tale periodo, infatti, si procederà ad ulteriore revisione.
Per coprire il taglio, già nella Legge di Bilancio approvata lo scorso dicembre, è stato previsto un abbattimento pari a circa 500 milioni dei fondi destinati alla prevenzione degli infortuni: una scelta che UNISIN non può che considerare scellerata anche alla luce di diverse considerazioni.
Prima di tutto, il bilancio dell’INAIL presenta un attivo proprio di 1,7 miliardi di euro, pertanto sarebbe stato possibile e opportuno – come peraltro giustamente osservato da Giovanni Luciano, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INAIL – ricavare le somme necessarie alla rivisitazione dei premi da questo attivo, anziché ricorrere al taglio dei fondi destinati alla prevenzione degli infortuni.
In secondo luogo, sono proprio i dati INAIL ad evidenziare che, per la prima volta dopo dieci anni, il numero dei morti sul lavoro ha smesso di decrescere (rif. Anno 2017): a fronte di un dramma sociale di tale dimensione, per i Lavoratori coinvolti e per le loro famiglie, UNISIN considera inaccettabile ed offensivo un taglio ai fondi destinati alla prevenzione.
L’aumento delle tabelle per il solo danno biologico di cento milioni l’anno, a fronte del grande sconto sui premi offerto alle imprese, poi, appare assolutamente iniquo.
UNISIN, da sempre evidenzia che il diritto alla salute ed il diritto alla sicurezza sul lavoro, peraltro Costituzionalmente garantiti, costituiscono un baluardo di civiltà da tutelare e perseguire assolutamente.
In tal senso, UNISIN considera fondamentale la tutela della Persona, nella sua integrità e nel suo benessere psicofisico, e sostiene con altrettanta fermezza che non vi sia altra via per garantire la sicurezza se non quella della prevenzione e quindi del sempre maggiore investimento, culturale ed economico, sulla stessa.