Il licenziamento è illegittimo in caso di sproporzione rispetto ai fatti contestati e qualora l’azienda non agisca con correttezza e buona fede.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’Ordinanza n. 9339 emessa il 16 aprile 2018, è intervenuta a seguito del ricorso di un Lavoratore avverso il provvedimento di licenziamento operato nei suoi confronti da un’azienda per ingiustificata assenza sul lavoro. Più specificatamente, la controversia riguarda il caso di un Dipendente che aveva presentato richiesta di fruizione di giornate di ferie per gravi motivi familiari (viste le gravissime condizioni di salute del genitore, successivamente deceduto) e che ‐ non ricevendo alcun riscontro dall’azienda ‐ si era assentato dal lavoro per assistere il familiare.
A seguito dell’assenza dal lavoro, l’Azienda procedeva al licenziamento per giusta causa per ingiustificata assenza.
Da qui il ricorso da parte del Lavoratore in primo, secondo grado di giudizio e sino alla Suprema Corte di Cassazione che ha deciso di pronunciarsi con apposita Ordinanza.
I Giudici della Suprema Corte nell’esaminare il ricorso hanno evidenziato che “…le clausole della contrattazione collettiva che prevedono per specifiche inadempienze del lavoratore la sanzione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non esimono il giudice dall’obbligo di accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente nonché il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e della portata soggettiva della condotta.”
La Corte di Cassazione prosegue inoltre affermando che “…il giudice di appello, nel ritenere proporzionato il licenziamento intimato al lavoratore, ha omesso di considerare l’incidenza, sotto il profilo del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, della condotta della datrice di lavoro….quest’ultima, infatti, ha, dapprima, omesso di fornire riscontro alla richiesta di un periodo di ferie e, successivamente, ha proceduto alla formulazione della contestazione proprio allo scadere dei tre giorni dall’inizio della assenza ingiustificata, senza far precedere la contestazione stessa – come la particolare situazione avrebbe plausibilmente richiesto – da alcun richiamo (anche volto a rendere edotto il lavoratore che la sua mancata presenza era da considerarsi ingiustificata, non potendo egli esser collocato in ferie per rilevanti esigenze aziendali da soddisfare senza indugio), sebbene la datrice medesima fosse a conoscenza del grave lutto da cui il lavoratore era stato pochissimi giorni prima colpito.”
Pertanto, secondo i Supremi Giudici della Cassazione “il giudice di secondo grado ha emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede”. Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Lavoratore, cassando la sentenza di secondo grado (che aveva confermato la legittimità del licenziamento) con rinvio alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione.